Che brutto paese siamo. Passate le elezioni, tutte le elezioni, l’opinione pubblica coagulatasi in maggioranza si sfascia immediatamente fornendo legioni di arrabbiati all’opposizione e ai paladini del “no a tutto” e delle battaglie livorose contro ogni atto del governo.
Non c’è paese al mondo, dalla Germania agli Stati Uniti, dal Giappone alla Russia in cui questo accada. Solo da noi i governi sono così osteggiati, perfino da chi li ha votati, al punto che a qualsiasi atto del governo ci si oppone perché questo si sfasci e non per ragioni di merito.
Così è per questo referendum. Stando ai sondaggi, la maggioranza di coloro che voterebbero “no”, avrebbe come obiettivo quello di mandare a casa Renzi e non quello di salvaguardare la carta costituzionale.
Che poi, i referendum hanno senso quando al centro della questione c’è un fatto di vita quotidiana con cui tutti si misurano o potrebbero misurarsi: l’aborto, il divorzio, l’uso delle droghe.
Sebbene ciò che sta scritto sulla carta costituzionale ha a che fare con la vita, ne fissa un perimetro giuridico di riferimento, come si può pretendere di coinvolgere l’ignoranza dell’opinione pubblica generalizzata su questioni su cui neanche chi ha le scuole alte in materia sembra raccapezzarsi?
Il confronto tra Renzi e Gustavo Zagrebelsky, il più dotto degli esperti schierati per il NO, ha mostrato solo una gran confusione tra diritto e politica. Su come la politica di questo paese ami la complessità solo perché dietro di essa ci si può nascondere abdicando le responsabilità.
La verità però, quella di tutti i giorni è che da un giorno all’altro, altrove si può decidere di portare il prezzo del petrolio da 40 a 100 dollari. E tale decisione ha ben altro effetto, rispetto alla modifica della Costituzione, sulla pendenza della salita che ognuno fa ogni giorno per sbarcare il lunario. Tant’é.