Ceneri che diventano un diamante da portare al dito, spedite via razzo nello spazio, disperse in mare o dalla cima di una montagna, conservate in un vaso di ceramica sulla mensola del camino del salotto di casa. Il Vaticano dice basta. Con l’Istruzione Ad resurgendum cum Christo (Per resuscitare con Cristo) del 25 ottobre, la Congregazione per la dottrina della fede stabilisce in modo definitivo la prassi della sepoltura dei morti e della conservazione delle ceneri in caso di cremazione: “Per evitare ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista, non sia permessa la dispersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua o in altro modo”, è scritto.
Cremazione che rimane consentita, anche se sconsigliata, e solo per ragioni “igieniche, sociali o economiche”, soprattutto purché non sia voluta “come negazione dei dogmi cristiani o in odio alla Chiesa”. Si raccomanda invece che i corpi dei defunti vengano inumati, “nel ricordo della morte, sepoltura e risurrezione del Signore”.
Fino a qui il documento della Santa Sede dice nulla di nuovo. L’interdetto sulla cremazione è caduto nel 1963. Ma adesso l’ex Sant’Uffizio stringe i termini della questione soprattutto sulla conservazione delle ceneri: quello che fino ad oggi presso molte Conferenze episcopali veniva espresso come una preferenza di una modalità rispetto ad un’altra, ora diventa esplicito divieto. E’ questa la novità.
CREMAZIONI IN AUMENTO
“La cremazione si è notevolmente diffusa”, riconosce il documento. Lo certifica l’Istat: in Italia nel 2014 si sono registrate 117.956 cremazioni, contro le 110.710 del 2013. Il 19.71% sul totale delle sepolture. A guidare la classifica, con il 24,8%, la Lombardia. Seguono Piemonte (16,1%) ed Emilia Romagna (13%). Ma il vero boom si registra in Svizzera, che con l’87,45% sta in vetta alla classifica europea. Il fenomeno ha sempre più successo anche tra i cattolici. Varie le ragioni. Di ordine urbanistico (ridurre lo spazio dei cimiteri); ideologico (il ritorno alla madre terra); estetici (evitare la putrefazione del cadavere) o economici.
BASTA CON LE URNE CASALINGHE
Anche la “conservazione delle ceneri nell’abitazione domestica non è consentita”. Sul punto la Santa Sede evidenzia che se il dolore per la perdita di una persona cara riguarda certamente i familiari più prossimi, allo stesso tempo il corpo di un battezzato fa parte di una comunità più ampia, la Chiesa, nella Comunione dei santi. “I fedeli defunti sono oggetto della preghiera e del ricordo dei vivi, ed è bene che i loro resti vengano ricevuti dalla Chiesa e custoditi con rispetto lungo i secoli nei luoghi che la Chiesa benedice a tale scopo, senza venir sottratti al ricordo e alla preghiera degli altri parenti e della comunità”, ha sottolineato il teologo Angel Rodríguez Luño, intervenendo in Sala stampa.
Conservare le ceneri in casa è possibile solo per “eccezionali e gravi circostanze” e sempre con l’autorizzazione del vescovo del luogo. A precisa domanda su quali potessero essere queste circostanze, si è rimandato alle scelte dei singoli episcopati; anche se probabilmente il riferimento può essere cercato nelle situazioni di quei paesi dove i cattolici sono minoranza perseguitata fin dentro al campo santo.
NON FARE UN GIOIELLO DEL CARO ESTINTO
L’Istruzione dell’ex Sant’Uffizio fa divieto di trasformare o conservare le ceneri “in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti”. Moda recente, che con una spesa dai 3 ai 13/15mila euro, trasforma il defunto in un diamante per l’eternità. Inoltre, si sottolinea, le ceneri non possono essere divise tra i membri della famiglia ma vanno tenute insieme. E come la si mette con la pratica di dividere i corpi dei santi per la loro venerazione di cui son pieni oratori e basiliche? Una mano qui, un femore là. “E’ una pratica devozionale che andava di moda secoli fa – risponde Luño – Non accade più da tempo”. Comunque ha rassicurato i più pii: non partirà nessuna campagna per raccogliere le varie parti del corpo dei santi sparsi nelle chiese di tutto il mondo. Le reliquie sparse resteranno dove sono.
MEGLIO LA CATACOMBA DELLA PIRA
I cristiani hanno sempre praticato l’inumazione dei defunti (basti pensare alle catacombe). Tuttavia la Chiesa fino agli anni ’80 dell’Ottocento non aveva mai sentito la necessità di vietare la pratica dell’incenerimento dei morti, che rimaneva confinata a casi di particolari emergenze come lo scoppio di epidemie di colera e di peste. Il niet Vaticano è la reazione al diffondersi della cremazione come scelta antireligiosa e anticlericale. La condanna risale al 1886.
Il divieto viene revocato da Paolo VI nel 1963, con il Piam et costantem, documento del Sant’Uffizio di allora che è il nonno dell’Istruzione appena pubblicata: chi sceglie di farsi cremare e non lo fa in odium fidei, avrà regolari funerali religiosi. La pratica dell’inumazione, nel ’63 come oggi, viene considerata la pratica normale di pietà verso i defunti. Anzi, si legge in quel documento, “per mostrare l’avversione della Chiesa alla cremazione, i riti della sepoltura ecclesiastica non si celebreranno mai nel luogo dove avviene la cremazione”. Il Rito delle esequie della Conferenza episcopale italiana del 2012, tuttora in uso, quell’interdetto non lo ha accolto, prevedendo, al contrario, preghiere specifiche fino davanti al forno crematorio. L’Istruzione appena pubblicata non rivede i funerali e non è previsto lo si faccia in futuro. Su questo, Roma lascia spazio alla responsabilità delle singole Conferenze episcopali. Eppure, il documento firmato dal cardinal Gerhard Müller e approvato da Francesco, corregge una certa vaghezza che fa capolino nel manuale Cei. Lì vi leggiamo che “la prassi di spargere le ceneri in natura o di conservarle in luoghi diversi dal cimitero solleva non poche perplessità sulla sua piena coerenza con la fede cristiana”. Ma non si prende una posizione netta, cosa che invece fa oggi il documento vaticano: “Per evitare ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista, non sia permessa la dispersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua o in altro modo”. Le urne cinerarie vanno sepolte “nel cimitero o in altro luogo sacro”.
CREMAZIONE E INUMAZIONI PARI NON SONO
Il Codice di diritto canonico ricorda (n.1176) che la “Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; tuttavia non proibisce la cremazione”. Non proibire, va da sé, non significa mettere le due pratiche sullo stesso piano.
La preferenza data alla sepoltura è evidente. Seppellire il defunto, affidarlo alla terra, ha un forte richiamo biblico: “Polvere tu sei e in polvere ritornerai”, si legge nella Genesi. Polvere, non cenere. Tanto che la frase che spesso si sente in contesti di funerali, va ricordato, non è direttamente biblica. Il “cenere alla cenere e povere alla polvere” arriva invece dal Book of Common Prayer della Chiesa d’Inghilterra. La terra non è la cenere che si ottiene – come ha detto in conferenza stampa presentando il nuovo documento padre Serge-Thomas Bonino – distruggendo il corpo “in modo brutale”.