Formalmente il Monte dei Paschi di Siena non chiude la porta in faccia a Corrado Passera ma lascia l’uscio appena socchiuso, con uno spazio ridotto al minimo per infilarsi nella corsa al salvataggio di una delle principali banche del nostro Paese. A dirlo in maniera piuttosto esplicita è stato l’amministratore delegato Marco Morelli, che pure ha lavorato con l’ex ministro dello Sviluppo economico quando quest’ultimo guidava Intesa Sanpaolo (e Morelli era appunto un suo subordinato). E a non tifare troppo per il piano dell’ex numero uno di Poste Italiane ci sarebbero anche, secondo le indiscrezioni raccolte da Formiche.net in ambienti finanziari, Intesa Sanpaolo e Unicredit. Ma andiamo con ordine.
LE PAROLE DI MORELLI
A oggi, ha detto Morelli in occasione della conferenza stampa del 25 ottobre che ha seguito la presentazione del nuovo piano industriale della banca senese, le manifestazioni di interesse per il Monte dei Paschi, inclusa quella di Passera, non hanno “niente di solido, compiuto, analizzabile, vincolante, irrevocabile o qualcosa che ci faccia pensare che chi si è fatto avanti abbia un’idea chiara”. Tuttavia, ha aggiunto il numero uno di Rocca Salimbeni, c’è la “massima apertura a considerare chiunque possa dare un contributo all’operazione e al rafforzamento patrimoniale della banca”. Insomma, secondo Morelli il piano messo a punto da Passera per il salvataggio di Mps, e recentemente modificato rispetto a quello originario di luglio, sarebbe inconsistente.
IL PIANO DELL’EX MINISTRO
Ricordiamolo a grandi linee: secondo indiscrezioni (i dettagli ufficiali non sono mai stati esplicitati) il progetto dell’ex ministro dovrebbe basarsi su un aumento di capitale da 2,5 miliardi, rispetto ai 5 miliardi del disegno alternativo di Jp Morgan e Mediobanca, grazie all’ingresso di alcuni fondi americani (appunto per i restanti 2,5 miliardi). L’aumento di capitale, inoltre, dovrebbe prevedere il diritto di opzione, a differenza del piano confermato ieri da Mps che, nella migliore delle ipotesi, ne contempla l’esclusione parziale (se non al 100 per cento). Secondo quel che scrive Andrea Greco il 26 ottobre su Repubblica, Passera e i fondi al suo fianco, vale a dire Atlas, Warburg Pincus, Bc e General Atlantic,”domenica sembravano fuori gioco ma vi sono rientrati ieri notte, dopo che sono caduti alcuni veti che con vivaci scambi epistolari i consulenti finanziari Mps (Jp Morgan, Mediobanca, Lazard) avevano posto all’ex ad di Intesa Sanpaolo poi ministro”.
LE TENSIONI E LA LETTERA A PASSERA
La Stampa.it scrive che, “secondo una lettera di sabato scorso, a Passera sarebbe stato posto il divieto di contattare altri investitori oltre a quelli già indicati dall’ex banchiere, il divieto di contattare intermediari finanziari con esplicito riferimento al fondo Atlante, il divieto di effettuare una propria due diligence approfondita ma l’accesso ad un pacchetto standard di informazioni predisposto per tutti i potenziali investitori e la non disponibilità a fornire un’informativa congiunta alle autorità di controllo come la Bce”. E ancora, aggiunge La Stampa.it, “la replica di Passera sottolineava che i vincoli posti rendono impraticabile la sua proposta, ma aggiungeva anche che i due piani (quello di Passera e quello Jp Morgan-Mediobanca fatto proprio dalla banca) non sono incompatibili tra loro ma possono procedere in parallelo”. Sarà così? Fin da subito sono emerse enormi difficoltà a fare convivere i due piani. Da ricordare che quello di Jp Morgan e Mediobanca, confermato con la presentazione del piano industriale di ieri, si basa sulla vendita di un maxi pacchetto di sofferenze da poco più di 27 miliardi lordi più una ricapitalizzazione da 5 miliardi da ridurre con la conversione volontaria di obbligazioni e/o con l’ingresso – anche in questo caso – di fondi. Ecco perché qualcuno ipotizza che Jp Morgan e Mediobanca in realtà puntino semplicemente ad attrarre a loro i fondi che affiancano Passera, convincedoli a “sganciarsi” dall’ex ministro e seguire loro.
IL NODO DEL FONDO ATLANTE
Si diceva poco fa del divieto a Passera di contattare Atlante, che è il fondo guidato da Alessandro Penati chiamato ad acquistare la parte di rischio medio delle sofferenze cedute e cartolarizzate nell’ambito del piano di Jp Morgan e Mediobanca. “Al momento – aggiunge Greco su Repubblica – le distanze con la cordata di Atlas, Warburg Pincus, Bc, General Atlantic restano sulla perizia chiesta su conti e crediti Mps, e sulla cessione dei 27 miliardi di sofferenze, che Morelli tratta con il fondo Atlante grazie al prestito ponte di Jp Morgan, mentre Passera vuole distribuirle ai soci”. Proprio a questo riguardo, c’è chi dice che Intesa Sanpaolo e Unicredit, le due maggiori banche italiane che sono anche le principali finanziatrici di Atlante, sarebbero abbastanza inviperite con Passera, secondo indiscrezioni che si raccolgono in ambienti finanziari. Quindi quante chance ha il piano Passera di tornare in gioco davvero? Secondo Luca Davi del Sole 24 ore tutto dipenderà dagli incontri di Morelli per trovare nuovi investitori. Se andranno bene, la banca andrà avanti su questa strada; viceversa, complice l’ansia di chiudere il salvataggio di Mps, si potrebbe chiedere aiuto all’ex ministro. “Buon senso vuole – scrive Il Sole 24 ore – che quanto più si mostreranno freddi gli investitori che Morelli incontrerà da oggi, tanto più si alzeranno le probabilità di un ritorno di fiamma per l’ex ceo di Intesa Sanpaolo. Che però, si fa notare, era e per ora rimane piano B. Un passo avanti, per intanto, sarebbe l’avvio della due diligence così come richiesto dai suoi partner finanziari”.