La problematica del cosiddetto secondary ticketing non è una novità, e soprattutto è un fenomeno globale, per settore dei biglietti per eventi live ma è esplosa sui media italiani solo nei giorni scorsi. Le iniziative avviate da antitrust e procure sull’onda emotiva si muovono in un’area di incertezza normativa che sarebbe invece molto utile definire emendando la legislazione italiana.
E’ significativo, ad esempio, come il fenomeno della pirateria musicale online sia stato fortemente ridimensionato in Italia dalla combinata azione sul fronte dell’offerta e dall’altro sul fronte dell’intervento amministrativo, con il regolamento Agcom.
In questi giorni si sono sentiti molti discorsi, molte prese di posizione, anche forti, ma, al di là dell’azione giudiziaria promossa da SIAE, poche iniziative concrete. Ora il Governo ha presentato un emendamento alla legge di bilancio che sicuramente potrebbe costituire un primo passo ma vi sono in realtà alcune ulteriori misure che potrebbero essere adottate, anche con una certa rapidità, e che contribuirebbero, non a cancellare il fenomeno, che è globale, ma sicuramente a rendere più difficile l’attività dei siti di secondary ticketing nel nostro Paese.
Senza reinventare l’acqua calda una buona proposta di partenza è sicuramente quella all’esame del Parlamento britannico e che prevede una modifica di quello che in Italia è, per analogia, il Codice del Consumo.
Con un intervento mirato ad integrare il Codice sarebbe possibile sicuramente introdurre una prima reale e concreta serie di paletti per limitare quelle iniziative massive che hanno portato alla sparizione, in poche ore, dei biglietti.
Alle piattaforme di secondary ticketing sarebbe fatto obbligo di rendere note informazioni riguardanti i venditori dei biglietti così da renderli facilmente identificabili. I dati disponibili dovrebbero almeno prevedere il nome del venditore, e nel caso che si tratti di una società, tutti i dettagli relativi, compresi indirizzo e partita IVA. Queste informazioni dovrebbero essere rese disponibili all’acquirente prima che si completi l’acquisto.
Inoltre, le piattaforme di secondary ticketing dovrebbero rendere pubblici sul sito eventuali relazioni societarie con organizzazioni di eventi e società di ticketing o quali rappresentanti legali siano presenti nell’azionariato di società collegate ad eventi o ticketing.
Al venditore dovrebbe essere inoltre fatto obbligo di indicare il reale possesso dei biglietti, visto che spesso questi operatori lavorano con veri e propri “future”, ovvero biglietti non ancora in possesso del venditore e il valore originario del biglietto acquistato e posto in vendita. Le violazioni di tali norme dovrebbero prevedere un intervento di autorità, quali Agcom, per il blocco dei siti.
Tutto questo ovviamente dovrebbe essere accompagnato da un reale impegno della filiera di non agevolare in alcun modo questo tipo di attività rendendo tracciabili i biglietti venduti agli operatori professionali.