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Chi sono i Donald Trump che pullulano nel mondo

Donald Trump con il viso tirato da un sorriso inquieto e Nigel Farage con un ghigno da zucca di Halloween sembravano due giocatori d’azzardo appena usciti dal casinò dopo una mano vincente, non curanti della provenienza della loro fortuna, né intenzionati a metterla in discussione. Così Benjamin Wallace-Wells descrive sul New Yorker la foto, uscita la scorsa settimana, che ritrae il presidente eletto Usa e il leader di Ukip, insieme, dentro l’ascensore dorato della Trump tower. Partendo dai rapporti di Trump con Farage e Vladimir Putin, il giornalista ragiona sull’ascesa di leader autoritari sia in Occidente che in Oriente e sulle ragioni per cui questo stesso fenomeno interessi paesi profondamente diversi fra loro. Sul perché, insomma, il populismo di Trump non sia soltanto un fenomeno occidentale.

“Sin dalla Primavera araba il nazionalismo e l’autoritarismo sono cresciuti sia nei paesi più grandi e liberi – alcuni dei quali hanno votato per leader più autocratici – che in paesi meno democratici, in cui uomini forti hanno stretto la presa: Egitto, Regno Unito, Russia, India, Turchia, Filippine e Cina. In Francia e in Germania il centro è ancora al potere, ma il populismo nazionalista è in marcia”. Se a giugno Trump non sapeva cosa fosse Brexit, due mesi dopo Farage lo endorsava a Jackson, Mississippi. “Quando mai i repubblicani hanno sentito il bisogno di un endorsement dall’esterno?”, si chiede Wallace-Wells. In quel caso, dice, la sua presenza ha avuto la funzione di dare la percezione agli elettori di Trump di essere coinvolti in una ribellione abbastanza grande da includere il resto dell’Occidente, non solo l’America. Ciò li rassicurava sul fatto che il loro malcontento avesse un peso e un contesto.

L’ascesa di movimenti di destra in paesi democratici risiederebbe “in una reazione populista e razzista delle società occidentali, all’essere diventate, allo stesso tempo, più pluraliste e più segmentate in base all’educazione”, spiega il giornalista, che ha individuato un momento emblematico quando Farage e il politico di estrema destra olandese Geert Wilders hanno sfilato alla convention repubblicana, a Cleveland, la scorsa estate. “Ma per vedere l’Occidente come soggetto a forze speciali bisogna accettare il pensiero nazionalista. Che lo stesso illiberalismo stia prendendo piede nella Cina di Xi, nella Turchia di Erdogan, nell’Egitto di Sisi, nelle Filippine di Duterte, fa sospettare che queste non siano correnti superficiali ma forze profonde, non così specifiche dell’Occidente”.

In Cina, dove la repressione della libera espressione risale al 2012, nel frattempo è diventato straordinariamente difficile aggirare il grande firewall e raggiungere le fonti di notizie straniere, scrive James Fallows sul numero di dicembre dell’Atlantic: “Ogni settimana o due la stampa cinese trasmette avvertimenti, in modo sempre più esplicito, da parte del presidente e dal suo entourage, che il dissenso non è consentito e che gli interessi del partito hanno la priorità. Le chiese sono state rase al suolo in tutto il paese e molti degli avvocati per i diritti umani, gli ambientalisti e le femministe, sono in prigione”. Se i regimi più autoritari come la Cina di Xi Jinping e le Filippine sono opposti fra loro, movimenti nazionalisti in ascesa come Brexit e il Trumpismo sono invece in combutta, mentre la posizione di ciascun paese sulla Russia sembra essere volubile, spiega il cronista, che scongiura il pericolo di una guerra fredda, futura o già in atto, perchè “non c’è alcun conflitto di civiltà”.



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