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Come e perché il Papa sta smontando la Chiesa romana. Parla Marco Politi

A livello ecclesiale c’è più opposizione che consenso all’opera di Papa Francesco. Una maggioranza tradizionalista più forte e muscolare nell’episcopato mondiale che si scontra con una minoranza di innovatori “più timidi”, nelle lotte di una “guerra civile in corso dentro la Chiesa”. E’ l’analisi di Marco Politi, scrittore e giornalista. Per sei anni inviato a Mosca, una ventina come vaticanista a Repubblica, oggi editorialista con un blog sul Fatto Quotidiano.

Politi, questa guerra civile di cui lei parla significa che il programma di riforme di Francesco si sta arenando?

Niente affatto. Gli ostacoli ci sono, ma procede con tenacia.

Qualche esempio?

La pulizia dello Ior; la determinazione a punire i colpevoli di pedofilia: è il primo Papa che ha fatto processare un nunzio e arcivescovo. Non solo con la dimissione dallo stato clericale, ma dando l’ok al rinvio a giudizio. Nel frattempo l’ex nunzio Wesolowski è morto, ma si stava aprendo un processo penale senza precedenti in Vaticano.

Riforme vaticane più che pastorali in senso stretto?

Non dobbiamo dimenticare che il Papa ha aperto una commissione di studio sul diaconato alle donne e ha tirato fuori la Chiesa dalle secche delle ossessioni sessuali. E ha riformato i dicasteri dei laici e della giustizia sociale, per dargli maggiore incisività.

Ed emergono divisioni nella Chiesa.

E’ un vero e proprio scontro. In crescendo. Mosso da una parte della gerarchia, maggioritaria, che ritiene una questione identitaria, ad esempio, il “no” alla comunione ai divorziati risposati o il riconoscimento del valore positivo delle unioni omosessuali.

Il classico bisticcio tra conservatori e innovatori. Qual è la novità?

Anche durante il Concilio le opposizioni ai progetti di riforma erano tante. Allora i due fronti si scontravano a viso aperto con libri e incontri, ognuno aveva i propri teologi di riferimento in campo, si tenevano iniziative nelle diocesi che coinvolgevano il popolo di Dio. Oggi i riformatori sono silenziosi, inerti. Tutte le iniziative intorno ai due Sinodi sulla famiglia sono state organizzate dai conservatori. Assistiamo ad un climax di aggressività alimentato dai blog e dai siti internet. Ma non mancano attacchi diretti di cardinali e vescovi con iniziative impensabili persino ai tempi pur burrascosi di Paolo VI e delle riforme conciliari.

Si riferisce alla recente lettera di richiesta di chiarimento dei quattro cardinali?

Quella è il guanto di sfida. Ma seguirà altro. Come molto è stato anticipato. Prima del Sinodo 2014 un libro di cinque cardinali in difesa della dottrina tradizionale del matrimonio. Poi un altro volume firmato da 11 porporati. Quindi una petizione firmata da 800mila cattolici fra cui 100 vescovi per frenare le innovazioni. Nel Sinodo del 2015, una lettera di 13 cardinali sulla regolarità dell’assemblea. Se uno legge i nomi dei contestatori vede che ci sono molte personalità di primo piano, che provengono da un’area geografica vasta e che spesso avevano avuto un ruolo rilevante durante i due pontificati precedenti.

Eppure, mai come in passato, i grandi giornali ammirano il Papa.

Massmediaticamente si rimane concentrati sulla personalità di Francesco. Ma la Chiesa è un grande impero, coi suoi alti gerarchi, i vescovi; i quadri, preti e religiosi; e le milizie scelte, i laici impegnati. La cosa che più colpisce l’opinione pubblica cattolica, o credente in altre religioni o non credente, è l’assoluta sincerità di Francesco di presentarsi. Lui non parla tanto come prete, come vescovo, come Papa, ma come discepolo di Cristo. Questo colpisce. Ma poi le resistenze ci sono. La gerarchia si sta posizionando per il Conclave futuro.

Intanto Francesco si sta muovendo con nomine di persone a lui vicine.

Certo, ma non fraintendiamo: uno può essere conservatore sui temi etici e riformista su quelli sociali o viceversa. Inoltre Francesco non è uomo da spoil system. Nel governo della Chiesa cerca di essere inclusivo, di coinvolgere anche chi non la pensa come lui. E’ questo un punto che i suoi uomini più vicini gli contestano. Vorrebbero che usasse una mano più ferma.

Il 17 dicembre Bergoglio compirà 80 anni. Crede che possa nel breve periodo rinunciare al pontificato?

Lo farà certamente se dovesse rendersi conto che per assoluta mancanza di energie fisiche non dovesse essere più in grado di governare. Qui sta il punto: quanti anni ancora al Soglio? Credo che gli servano almeno cinque anni per dare solidità al processo di riforma avviato. L’obiettivo della guerra civile in corso è proprio questo: impedire che arrivi al trono di Pietro un uomo che porti a sviluppo le riforme iniziate.

Riforme finite, come nel caso della comunione ai divorziati risposati, in una nota a pie’ di pagina, con un invito al discernimento che però tanto sta facendo discutere la Chiesa.

Nei due Sinodi la maggioranza era compatta contro la linea aperturista del cardinal Kasper. E’ l’esempio del prevalere tradizionalista. A questo proposito è istruttivo guardare le recenti elezioni nella Chiesa. In Europa, quando si è votato per i vertici del Consiglio delle conferenze episcopali europee, è stato eletto un cardinale moderatamente conservatore come Bagnasco. Uno dei suoi vice è il conservatore polacco Gadecki. Poi c’è uno più riformista, l’inglese Nichols. Ma, appunto, è in minoranza. E non dimentichiamoci degli Usa, con l’elezione dei due nuovi leader della Conferenza episcopale, entrambi scelti dal fronte pro-life, mentre i nuovi porporati americani creati dal Papa sono preoccupati delle divisioni nella Chiesa. E’ una dimostrazione che una serie di elettori di Bergoglio nel 2013 – e tra questi molti erano statunitensi – oggi non lo voterebbero più.

Due anni fa ha scritto un libro dal titolo evocativo: “Francesco tra i lupi”. Chi sono questi lupi?

Anche quelli che applaudono il Papa, ma poi non muovono un dito. Sono quelli del dissenso nella Chiesa: sacche di silenzio, passività e adulazione; di chi dice parole con le labbra che in realtà non pensa. Lo esprime bene monsignor Bregantini: tutti dicono che è buono e bravo, ma in realtà il Papa è un giocatore lasciato solo in campo quando tutti lo applaudono.

Politi, però gli osanna ci sono.

Spesso di facciata. Mi dicevano alcuni diplomatici presso la Santa Sede che in certi ambienti vaticani si respira un’aria di “slealtà”. Parole che dette da diplomatici ci fanno capire che clima difficile si respiri in Vaticano. Mi ricorda di quando ero a Mosca ai tempi della perestrojka. I giornali tributavano un consenso unanime a Gorbaciov. Sorrisi e cordialità dal Comitato centrale, che intanto gli remava contro.

Da arcivescovo di Buenos Aires, Bergoglio di interviste ne ha rilasciate pochissime. Ora ne concede a getto continuo. E ogni giorno possiamo leggere le sue omelie mattutine a Santa Marta. Viene in mente l’immagine del Pio XIII di Sorrentino, uno “young pope” che si nasconde ai fedeli, rifiuta persino di farsi fotografare. Tutto il contrario di Bergoglio.

Gli artisti anticipano sempre. Habemus Papam di Moretti nel 2011 mostrava un Papa eletto che poi rinuncia, e che aveva individuato come priorità la misericordia, l’umanità, la cura dei feriti. E’ arrivato Francesco e il suo “ospedale da campo”. Sorrentino con quel papa contraddittorio, conservatore ma anche umano, evidenzia l’interrogativo e le attese non ancora definite dell’opinione pubblica su quale Papa uscirà dal futuro Conclave.

Il vaticanista Aldo Maria Valli in una recente conversazione con Formiche.net riconosce che le argomentazioni di Francesco sono a volte ambigue.

Non c’è dubbio che Amoris laetitia sia un documento in cui il Papa – vincolato dalle votazioni del Sinodo – non si sia potuto esprimere in merito ai divorziati risposati con la chiarezza che gli è propria. Ma d’altronde tutta l’ideologia dei valori non negoziabili ha allontanato inesorabilmente masse di credenti dalla Chiesa istituzionale. Francesco non è buonista, è realista, conoscendo il formarsi e il disgregarsi dei progetti di vita proprio nelle megalopoli del Terzo Mondo dall’America latina, all’Africa, all’Asia e allora “cristianamente” vuole aiutare le persone anche ad un “nuovo inizio”. Il suo perdono è un incoraggiamento ad andare avanti.

Quindi dove sta andando Francesco?

E’ stato eletto per riformare. Bergoglio vuole smontare la Chiesa romana, imperiale e monarchica. Per questo insiste sulla collegialità, la sinodalità, la responsabilità dei singoli episcopati. Per questo ha creato il consiglio dei cardinali che deve assisterlo nel governo oltre che studiare la riforma della Curia. E’ stato eletto per riformare, ma per qualcuno sta esagerando, e allora gli tirano il freno.


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