Con la firma del contratto per i pubblici dipendenti e pochi giorni prima quello dei metalmeccanici ritroviamo molte analogie e, evviva!, un sindacato che ha riacquistato rappresentatività tra due settori nevralgici del mercato del lavoro.
Così due sono le evidenze effettive e concrete: il premio di produttività incentivato e defiscalizzato per entrambi e il welfare aziendale figli anch’essi di una stagione contrastata dalle resistenze ideologiche (incentrate sulla lotta alla contrattazione di prossimità) che Bruno Trentin (gran maestro del sindacalismo riformista) avrebbe chiamato all’inizio: figli gracili che devono essere curati per crescere. E così per fortuna sta accadendo anche se molto, troppo lentamente. Così la politica sindacale e anche la politica governativa cambiano o sono destinate ad impoverirsi rappresentate da una classe dirigente non all’altezza di riavvicinarsi alla gente, al popolo in carne ed ossa per poterlo sinceramente riconquistare e rappresentare e tornare ad esserne interprete in un mondo in vorticoso cambiamento. Bisogna ricominciare a pensare alle persone valorizzandone bisogni, capacità e speranze, per leggere la crisi che ci circonda e per offrire risposte politiche e umane in una società impoverita umanamente.
Due esempi di denominatori comuni dei due contratti. La flessibilità legata alla produttività e dunque al bilanciamento dei tempi di vita e di lavoro per tutti e non solo per le lavoratrici e il welfare integrativo anche come forma di salario/benefit. Una realtà in Italia in espansione e con risorse a disposizione dei cittadini: il 18% della popolazione beneficia di una copertura integrativa per tutelare la salute e il 55% dei lavoratori può contare sull’assistenza sanitaria integrativa, mentre solo il 38% dei lavoratori risulta iscritto a una forma previdenziale aggiuntiva. Questi dati ci dicono che è chiara la necessità di promuovere iniziative per incentivare i controlli e la prevenzione delle patologie più diffuse e l’organizzaione del lavoro e il welfare in azienda possono essere strumenti nevralgici.
Come abbiamo dimostrato nel seminario di studio sulle malattie professionali che abbiamo sviluppato sabato scorso all’Istituto Ramazzini, come Ceslar Unimore, Noi tutti per Bologna, Tutteper Italia, le patologie oncologiche e alcune patologie professionali aggrediscono le persone in situazioni di particolare vulnerabilità. Lo stress spesso viene eccessivamente sottovalutato e rischia di trasformarsi in depressione: le problematiche che possono presentarsi riguardanti le tempistiche lavorative sono soprattutto due, gli orari di lavoro lunghi e l’incapacità di mettere da parte gli impegni lavorativi anche quando si arriva a casa. Lavorare tanto potrebbe essere un comportamento solo da ammirare, ma quando si esagera si rischia di fare male a se stessi.
È importante condividere il proprio tempo fuori dal lavoro con la propria famiglia lasciando da parte gli altri problemi.Il fisico e anche la mente hanno bisogno di riposarsi e staccare la spina dal lavoro, se tutto ciò non avviene si rischia di iniziare un percorso di depressione, stress e stanchezza e malattia. Purtroppo però tutto ciò non si ferma solo alla depressione, il rischio è anche quello di entrare in problematiche fisiche molto più gravi, che vanno quindi a rovinare anche il futuro e la carriera: è fondamentale rendersi conto che con il tempo possono portare disturbi molto gravi. Per quanto il lavoro è fondamentale salvaguardare la propria è un diritto ancora più essenziale.