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Strimvelis, un successo tutto italiano

Di Daniele Finocchiaro

La storia della terapia genica Strimvelis comincia nel 2004 con un sogno e una speranza: “Come sarebbe bello se…”, un sogno e una speranza che oggi sono diventati realtà. In quell’anno nasce infatti la nostra collaborazione con Telethon, che era ben consapevole di come un’organizzazione benefica non avesse la possibilità di arrivare fino allo sviluppo e all’autorizzazione di una nuova terapia, se non con il supporto dell’industria.

Allo stesso tempo, sapevamo che allora i tempi non erano ancora maturi per una collaborazione tra pubblico e privato, anzi tra privato con fondi pubblici e privato profit, com’è un’azienda farmaceutica multinazionale. Dal 2004 abbiamo fatto molta strada insieme. Come Gsk abbiamo raccolto fondi per Telethon e per anni abbiamo diffuso tra i medici la conoscenza delle patologie rare, perché c’è assoluto bisogno di creare consapevolezza e cultura su questo tema.

Poi nel 2010 c’è stato il grande matrimonio a più parti che, oltre a Gsk e Telethon, ha coinvolto il Tiget e l’ospedale San Raffaele. E quello che abbiamo oggi ottenuto è un primato assoluto a livello mondiale, con la terapia genica Strimvelis autorizzata a livello internazionale e in Italia. La Commissione europea ha infatti approvato la commercializzazione di questa terapia genica ex vivo con cellule staminali per i pazienti affetti da una rarissima malattia genetica chiamata Ada-Scid (immunodeficienza severa combinata da deficit di adenosina-deaminasi). I bambini nati con l’Ada-Scid hanno un sistema immunitario fortemente compromesso, che non è in grado di combattere nemmeno le infezioni più comuni.

Strimvelis è la prima terapia genica curativa per bambini a ricevere l’approvazione regolatoria nel mondo ed è indicata per il trattamento di pazienti con tale deficit per i quali non è disponibile un donatore compatibile in base al sistema Hla (human leukocyte antigen) per il trapianto di cellule staminali.

Tutto questo non sarebbe stato possibile senza la lungimiranza di tutte le parti coinvolte e senza il supporto effettivo dell’Agenzia italiana del farmaco, che ha seguito l’iter come un vero partner, contribuendo a risolvere le numerose difficoltà dovute al fatto che siamo di fronte non a un semplice farmaco, ma a una terapia molto più complessa.

Da parte nostra, come Gsk, abbiamo messo in campo quell’impegno e quelle risorse umane e finanziarie necessarie ad aiutare chi soffre delle patologie rare, per le quali non sono i grandi numeri, ma i volti dei malati che fanno la differenza e che permeano e sostengono chi fa ricerca. Oggi 20-30 bambini dell’Europa e di tutto il mondo potranno avere le cure che per loro sono salvavita. Questi bambini, prima destinati a un esito infausto, riescono a tornare a scuola, cominciano a guardare la loro mamma e possono, per la prima volta, toccarla. Cose per noi scontate, ma che per loro non lo sono affatto. Ridare speranza e ridare nuova vita è uno degli aspetti più belli della mission di un’azienda farmaceutica. Ed è questo che mi rende orgoglioso di lavorare per Gsk e di essere italiano, perché quello di oggi è un risultato profondamente italiano.

Daniele Finocchiaro (Presidente e amministrato delegato GSK)

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