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Le sfide di Donald Trump in politica estera viste da Leon Panetta

Leon Panetta

WASHINGTON DC – Attenzione alle “red lines” e alle strategie di lungo termine. La maratona di conferenze che si sono susseguite all’interno dell’evento Global Security Forum 2016 organizzato a Washington dal CSIS, ha avuto un unico comun denominatore: che si parlasse di Russia, Corea del Nord o Medio Oriente – le aree da cui arrivano le minacce più pericolose – la necessità più impellente per gli Stati Uniti resta quella di agire pensando non all’oggi, ma al domani.

In politica estera, gli USA dovranno puntare su una diplomazia forte e mettere basi solide perché la loro credibilità non venga intaccata, hanno spiegato Leon Panetta, ex segretario della difesa e direttore della Cia, e Mac Thornberry, a capo della commissione Forze Armate della Camera. Sono loro i relatori di spicco a cui è stato riservato l’onore e l’onere di aprire i lavori.

Partendo da Pechino, il prossimo presidente dovrà rendere ancora più esplicito rispetto al passato “che ci sono dei limiti che non possono essere superati. “Primo tra tutti, invadere un altro Paese” – dice Panetta – “Se Putin li valicherà, deve sapere che ci saranno delle conseguenze. Certo, gli Usa dovranno sedersi al tavolo e discutere: ma con forza, non in posizione di debolezza”. I patti devono essere rispettati “perché – continua Panetta – quando gli americani danno la loro parola, la rispettano”.

La credibilità è centrale anche nella riflessione di Thornberry: “Il mondo ci guarda, dobbiamo mantenere i nostri impegni”. Anche la Corea del Nord, l’altra grande minaccia “Paese imprevedibile”, deve ricevere un messaggio forte. L’ex segretario della difesa riporta in ballo le “red lines”: “Bisogna mettere dei limiti. Non possiamo tollerare i loro test nucleari. Devono capire che ci saranno conseguenze, se continueranno su questa strada. Quindi, prima di tutto fissare dei paletti e poi compiere in ordine altri tre passi – precisa – Puntare su una grande coalizione con Giappone e Corea del Sud; continuare a mettere pressione sulla Cina – che ha iniziato a riconoscere i pericoli posti dall’alleato storico e lavorare per aumentare le informazioni di intelligence, in modo da capire cosa Pyongyang stia realmente facendo”.

E poi c’è l’Isis, lo Stato Islamico, la minaccia terroristica. E la necessità di una strategia di lungo periodo. “In Medio Oriente non possiamo fare ‘in and out’, dobbiamo garantire una presenza costante, costruire programmi. Dobbiamo migliorare il nostro pensiero strategico, non continuare a pensare giorno per giorno”, dice Thornberry.

“Occorre spingere lo Stato Islamico fuori dall’Iraq e dalla Siria. E dopo esserci riusciti, dobbiamo continuare le operazioni di antiterrorismo. Una delle mie maggiori preoccupazioni – riflette Panetta – è il fatto che non si sia costruita una forte alleanza internazionale per combattere questa minaccia. Ognuno intraprende azioni solitarie, manchiamo di cooperazione. Serve una vera coalizione che lavori insieme, non solo a livello militare. Dobbiamo partecipare alla ricostruzione, per evitare che prenda il sopravvento l’instabilità”.


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