La (molto probabile) nomina di Rex Wayne Tillerson a Segretario di Stato nella nuova presidenza americana targata Donald J. Trump ha sollevato l’ennesima polemica sul tycoon fresco di elezione. L’indiscrezione è stata rilanciata da New York Times e dalla catena televisiva Nbc pochi giorni dopo la notizia dell’ufficializzazione di Scott Pruitt alla guida dell’Epa, l’Agenzia federale per la protezione ambientale che lo stesso avvocato già segretario alla Giustizia per lo Stato dell’Oklahoma ha più volte combattuto convinto che sia poco più di un inutile orpello burocratico. Con Tillerson però si sale un ulteriore gradino: al vertice della politica estera americana va il presidente e ad della multinazionale energetica Exxon, un texano che guadagna dai 25 ai 30 milioni di dollari all’anno e un amico personale del leader russo Vladimir Putin che proprio qualche anno fa l’ha insignito dell’Ordine dell’amicizia, uno dei più alti riconoscimenti concessi dal Cremlino.
IL RITORNO DELL’INDUSTRIA PESANTE
“Le poliarchie statunitensi sono sempre state un mix tra poteri di situazioni di fatto e rappresentanza politica. La Clinton aveva con sé tutta la finanza come poteri di situazioni di fatto, soprattutto la finanza dei derivati, quella più aggressiva. Trump fin dall’inizio della sua carriera politica ha reso manifesto l’appoggio di quel segmento dell’establishment nordamericano più negletto negli ultimi tempi, sia dai Democratici che dai Repubblicani: l’industria pesante”. Da osservatore (e pure estimatore) delle mosse di Trump, il professor Giulio Sapelli non liquida l’ipotetica scelta di Tillerson a Segretario di Stato come una boutade del nuovo inquilino della Casa Bianca. E’ parte di un disegno politico ben più ampio, coerente sin dal suo principio, piaccia o meno. “Quando parlo di industria pesante nordamericana – continua il docente di Storia economica all’Università degli Studi di Milano – mi riferisco sia alla definizione classica ottocentesca, ossia al settore delle armi, sia all’industria pesante del petrolio e del gas. Insomma, quel segmento produttivo emarginato dalla Clinton che ora sa di poter tornare a giocare un ruolo da protagonista. Grandi compagnie petrolifere statunitensi come la stessa Exxon e la Chevron, che si sono sempre rifiutate di fare parte delle lobby contro l’Unione europea per eccesso di regolazione, ora trovano nuovi spazi”.
TILLERSON? UNA NOMINA DIFENSIVA
Un conto è riabilitare asset strutturali dell’economia nordamericana bistrattati dalle presidenze Obama, un altro è piazzarne i loro uomini ai posti di comando della politica Usa. “Ma la nomina di Tillerson – rimarca Sapelli – è necessaria a Trump anche per sostenere l’attacco che si scatenerà contro di lui da parte dell’establishment consolidato”. Insomma, il tycoon deve rafforzare le sue truppe per potersi difendere: “Il cambiamento oggi ha reso necessario il passaggio da una globalizzazione dispiegata a una globalizzazione intermediata da protezionismi selettivi, con i quali Trump intende tutelare l’industria pesante americana”, continua l’economista. Tuttavia, “bisogna vedere quanto dura”. “Non so se l’establishment americano, quello finanziario e parte della nuova industria hi-tech che ha forti legami con le istituzioni militari, accetterà il ritorno dell’influenza politica dell’industria pesante”. Sapelli spiega che Trump “sta provando lanciare segnali verso certi mondi” (la scelta dell’ex manager Goldman Sachs Steven Mnuchin a Segretario di Stato del Tesoro lo dimostra), ma “occorre fare grande attenzione, perché nel mondo sta tirando un altro vento, dal Brasile alla Corea del Sud, ed è il vento dell’impeachment”.
I RIFLESSI SULLA POLITICA ENERGETICA
Secondo il prof. Sapelli, chi si straccia le vesti per la scelta di un manager come Tillerson alla Segreteria di Stato Usa, chi si scandalizza per la sua amicizia con Putin e la mancata ostilità verso il regime iraniano, non tiene conto di un fattore. “La politica energetica della Russia sta cambiando, come dimostra l’ingresso di un fondo sovrano del Qatar e di una multinazionale svizzera in Rosfnet – puntualizza l’economista -. I russi hanno bisogno di modernizzare i loro sistemi di estrazione, per questo si aprono ad altre compagnie, scavalcando le sanzioni europee e avvicinandosi molto all’Opec”. Lo scenario futuro della geopolitica energetica secondo Sapelli sarà “una triangolazione cino-russo-americana, che di volta ingloba gli Stati del Pacifico, come Filippine o Malaysia, che hanno dimostrato di saper attuare una politica una volta più favorevole agli Usa, un’altra volta alla Cina”.
Per quanto riguarda la politica energetica europea, “gli Stati Uniti di Trump preferiranno un rapporto diretto con la Russia perché l’Ue non la capiscono più, è troppo divisa al suo interno. Per Usa e Russia sarà molto importante il rapporto con Erdogan, che rappresenterà il bastone da utilizzare per tenere a bada e picchiare quando serve gli europei”.