Ironia della sorte, non ha fine il processo ai giustizialisti della tv. La puntata di Servizio Pubblico che ha visto risorgere Silvio Berlusconi (qui la gallery di Umberto Pizzi), secondo alcuni osservatori, non è stata ben accettata dai tanti che speravano nell’accoppiata Michele Santoro e Marco Travaglio per decretare la fine politica del Cav.
Sulla puntata della scorsa settimana su La 7, si continua a discutere sui giornali e in rete dove ieri il vicedirettore del Fatto Quotidiano si è offerto per la crocifissione pubblica dopo aver fallito la missione. E in effetti, nello streaming con i suoi lettori sulla tv del Fatto Quotidiano, così è stato.
“Una puntata alla camomilla, avete trasformato un vecchio gatto spelacchiato in un leone in gabbia”, sbotta Nanoalto. E ancora: “Ma abbiate pazienza, il giornalista d’inchiesta più brillante ed il conduttore più agguerrito d’Italia insieme non dovrebbero mettere all’angolo colui che negli ultimi 20 anni ha governato questo paese stravolgendolo, calpestando ogni regola, cambiando addirittura il linguaggio e il comportamento della politica nazionale?”, si chiede oggi Patrick Ferrari tra i commenti sotto il video che ripropone il botta e risposta tra Travaglio e i suoi elettori.
La puntata incriminata di Servizio Pubblico sembra creare frizioni anche all’interno della stessa squadra del programma. Il giornalista voleva scaricare la colpa verso il conduttore quando ieri ha detto: “Santoro voleva circoscrivere la puntata su pochi temi centrali per la campagna elettorale. Non potevamo racchiudere in due anni e mezza vent’anni di berlusconismo”?
Nella chat, il giornalista critica anche la firma di Libero, Filippo Facci, considerato la mente della missiva che Berlusconi ha letto in diretta su Travaglio davanti a nove milioni di persone. Travaglio lo chiama “poveraggio, biografo con le meches” e Facci gli risponde oggi dalla prima pagina di Libero in un editoriale dal titolo “A Travaglio Travaglio e mezzo” dove rivela che “la letterina è stata una vendetta” per un suo articolo del 2008 sull’Unità, una sorta di regolamento di conti tra i due giornalisti.
Anche se ovviamente non ammetterà mai la sconfitta, “Berlusconi non ha guadagnato punti nei sondaggi dopo la trasmissione, è stato un effetto panna montata. Se i politici sapessero che li intervisto io non verrebbe più nessuno in trasmissione”, la frase con cui si congeda dai suoi lettori dice molto. A sorpresa, il giornalista accusato spesso di essere saccente e dalla verità in tasca, o meglio scritta nella sua inseparabile agendina, si è accorto che forse non sempre la si può avere: “Sia chiaro che non ho la verità in tasca, si può sempre fare meglio”. Altro che rimonta di Berlusconi. Tra gli effetti sorprendenti della famosa puntata, è questo il più grande.