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Mps e Deutsche Bank, ecco analogie e differenze

Marco Morelli

Cosa hanno in comune Monte Paschi di Siena e Deutsche Bank? Sicuramente la spregiudicatezza, gli alti rischi di tenuta e la eventualità di un salvataggio pubblico. Anche se di dimensioni grandemente differenti, entrambe le banche sono un po’ il simbolo dei rispettivi sistemi bancari nazionali. Mps è la più longeva, la più antica banca al mondo, creata nel 1472, e oggi allo sbando. Db, fondata 146 anni fa, è diventata sinonimo e pilastro della capacità economica tedesca fino alla sua caduta nei gorghi della peggiore speculazione.

Nonostante queste pericolose somiglianze, i consiglieri economici della Merkel, come il suo aiutante di campo, Christopher Schmidt, stranamente sono molto preoccupati del futuro di Mps. Puntano il dito su una barca in difficoltà, ma non vedono, o non vogliono vedere, la loro nave che rischia di andare a fondo. Eppure recentemente Der Spiegel, il principale settimanale tedesco, ha pubblicato un lunghissimo articolo sulle attività della Deutsche Bank. È un vero e proprio dossier, veritiero, devastante, inevitabilmente spietato. Incomincia così: “Cupidigia, provincialismo, codardia, comportamenti maniacali, egoismo, immaturità, falsità, incompetenza, debolezza, superbia, decadenza e arroganza”. Queste sono le pesanti parole usate per spiegare l’involuzione della Db, che emergono anche nelle migliaia di pagine dei documenti e delle interviste analizzati.

Il settimanale tedesco sottolinea che il collasso della prima banca tedesca è il risultato di decenni di fallimenti della sua leadership. Nel periodo tra il 1994 e il 2012 si è perso completamento il controllo della banca fino a “saccheggiarne e derubarne la sua stessa anima”. Se una volta la Db era l’icona di rispettabilità e di solidità, oggi si è trasformata in una caricatura del “Lupo di Wall Street”. “Deutsche Bank è broken” scrive Der Spiegel, sommersa da ben 7.800 denunce legali! Nel 1994 Db aveva un bilancio di 573 miliardi di euro e circa 73 mila impiegati, di cui tre quarti in Germania. Già nel 2001 gli impiegati erano diventati 95 mila, solo la metà in Germania. Nel 2007 il bilancio era salito a 2.200 miliardi di euro e gli impiegati in Germania invece erano scesi ad un terzo del totale. Mentre nel 2015 il bilancio si ridusse a 1,600 miliardi di euro, gli impiegati salivano a 100 mila, anche se distribuiti in 70 Paesi del mondo.

Come si evince, nel processo di internazionalizzazione la banca ha incominciato, purtroppo, ad imitare i comportamenti dirigenziali di stile anglo-americano. Ha completato la trasformazione da “più grande banca commerciale tedesca a banca di investimento anglo-americana”. Tanto che lo stesso l’Economist inglese a suo tempo la definì “un gigantesco hedge fund”. Con l’internazionalizzazione iniziò, di fatto, la fase degli eccessi, degli errori e delle malversazioni intenzionali, le cui ramificazioni legali ne stanno ancora divorando i bilanci. Si ricordi la spregiudicata scelta di operare nella speculazione in derivati finanziari di vario tipo, particolarmente in quelli legati ai mutui e alle ipoteche.

È importante notare che, se nel 1994 la maggior parte dei profitti della Db provenivano dai servizi bancari commerciali tradizionali, già nel 2007 era la cosiddetta “investment division”, cioè il dipartimento finanziario impegnato soprattutto in strumenti e operazioni ad alto rischio, che produceva ben 70 per cento di tutti i profitti della banca. È questo il periodo in cui i rapporti tra Db e Mps si sono fatti più stretti per via di una serie di derivati finanziari che la banca tedesca aveva concesso alla banca italiana per coprire dei buchi di bilancio. Derivati finanziari che si sono rivelati poi delle perdite pesanti per Mps. Perdite che sono andate ad ampliare i buchi e a generare altri derivati, come il famoso “Santorini”. Naturalmente la Db, invece, ha fatto guadagni significativi sui derivati Mps.

Il problema è stato poi la convinzione dei grandi capi della Db di avere scoperto “il potere degli dei” che li ha portati a trasformarla nella banca numero uno al mondo nel settore dei derivati finanziari, superando persino le grandi banche americane. Nello stesso periodo è partita anche la corsa ai bonus dei dirigenti. Ancora nel 2015, anni dopo lo scoppio della grande crisi finanziaria che per la prima volta evidenziava la anomalia degli stratosferici stipendi dei manager, ben 756 alti funzionari della Db guadagnavano oltre 1 milione di euro. Ancora oggi la Db è rinchiusa in una sorta di “nicchia darwinista, un buffet self service per pochi, dove nessuno può essere incolpato”.

La crisi della Db è talmente profonda da convincere Der Spiegel che non si può in alcun caso escludere l’opzione più estrema, quella di un suo salvataggio pubblico da parte del governo tedesco. Con buona pace per le preoccupazioni di Berlino per una simile soluzione anche per Mps. È evidente che farsi le pulci tra sistemi bancari, in questo caso quello tedesco e quello italiano, aumenta il discredito verso l’intero mondo bancario, minando la stessa architettura europea. Secondo noi è giunto il momento in cui i consigli di amministrazione e i manager delle varie banche dissestate vengano sottoposti al rigoroso vaglio della magistratura, unitamente ai maggiori beneficiari dei capitali elargiti.


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