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Cos’è il diritto ausiliario nel (possibile) nuovo diritto d’autore europeo

Di Alberto Gambino

Una proposta di riforma del diritto d’autore europeo è stata recentemente presentata dal Commissario europeo Günther Oëttinger. Tra i punti più rilevanti viene introdotto il cosiddetto diritto ausiliario (ancillary copyright). Si tratta della facoltà per gli editori di far pagare un compenso per la pubblicazione di link (collegamenti ipertestuali) e snippets (brevi estratti) di propri articoli, consentendo loro di ottenerne un compenso.

In effetti, con la rapida e sostanziale modifica della modalità di fruizione dei contenuti culturali online, nonché con la relativa, sempre più critica, distribuzione dei compensi, si è assistito a un considerevole incremento dell’offerta di contenuti, con la moltiplicazione delle relative modalità di fruizione e l’emersione di nuovi importanti operatori digitali nel mercato.

Tuttavia, l’introduzione di un nuovo diritto connesso avrebbe presumibilmente un impatto negativo proprio sugli editori, per due ordini di ragioni. Il primo è di tipo strettamente economico. La filiera editoriale, infatti, specie ove si tratti di editori di testate online, trae vantaggi economici dal traffico generato da servizi online collaterali (il cosiddetto traffico indiretto), ovvero da social network, aggregatori di notizie, messaggistica istantanea, email. Inoltre, in termini strettamente giuridici, il quadro normativo risulta ampiamente soddisfacente a tutelare i diversi portatori di interessi. In forza del contratto di edizione, infatti, gli editori godono di un diritto esclusivo in relazione ai propri prodotti editoriali. Anche il titolo dell’opera, quando individui l’opera stessa, non può essere riprodotto e apposto su altra opera senza il consenso dell’autore ed è altresì vietata la riproduzione delle rubriche che siano adoperate nella pubblicazione periodica in modo da individuare l’abituale e caratteristico contenuto della rubrica. Da quanto precede, risulta che l’introduzione di un nuovo diritto connesso sarebbe ingiustificata, per la preesistenza di strumenti giuridici atti a tutelare i diritti di autori ed editori.

L’eventuale introduzione in capo all’editore di un diritto connesso, autonomo rispetto a quello dell’autore, si porrebbe contro il principio secondo cui il diritto connesso non può prescindere dal diritto d’autore cui esso è collegato; in altri termini a quale diritto è connesso, un diritto come l’ancillary copyright, che è solo un duplicato di diritti primari già attribuiti dalla legge ad autori ed editori?

D’altro canto, gli stessi autori – una volta che i loro editori avessero questo nuovo diritto – non sarebbero più liberi di utilizzare le loro opere, anche dopo la scadenza del contratto, né di rinegoziare la licenza d’uso dei propri contributi. Tale conseguenza si ripercuoterebbe su tutte le categorie, che si tratti di giornalisti, scrittori o fotografi, ovvero di tutti coloro che oggi, per pubblicare la propria opera, stipulano un contratto di edizione o rilasciano una licenza.

Nel settore della stampa online, l’introduzione del nuovo diritto comprometterebbe il ricorso a strumenti quali il cross linking degli articoli di cronaca e delle notizie. Sul punto, occorre anche ricordare che è già intervenuta esaustivamente la Corte di Giustizia dell’Unione europea che ha stabilito la liceità del linking a opere protette dal diritto d’autore. La Corte ha chiarito che la messa a disposizione su un sito Internet di collegamenti cliccabili verso opere liberamente disponibili su un altro sito, non costituisce atto di comunicazione al pubblico e, quindi, non è soggetto al consenso del titolare dell’opera. L’autorizzazione del titolare dei diritti diventa necessaria solo quando il pubblico fruitore dei link è “nuovo” e, per questo, diverso dai destinatari della comunicazione iniziale in Internet. Ciò non si verifica quando il titolare dei diritti, al momento della comunicazione iniziale, abbia inteso mettere a disposizione di chiunque la propria opera non assoggettandola ad alcuna misura restrittiva.

Ma oltre agli Internet services providers, andrebbero considerate tutte le altre categorie di fornitori di servizi online su cui si ripercuoterebbe il diritto, come ad esempio le piattaforme Kobo, Amazon, Apple e Google. La creazione di un nuovo diritto comporterebbe numerosi obblighi di licenza non solo dagli autori titolari, ma anche dagli editori, con un aumento generale dei costi di transazione, disincentivando l’ampiezza e la diversificazione dell’offerta che verrebbe inevitabilmente frammentata.

Sotto il profilo antitrust, inoltre, i nuovi diritti costituiscono barriere all’ingresso e ostacolo alla concorrenza e all’innovazione, come del resto ha già fatto notare l’Autorità garante della concorrenza spagnola, Paese nel quale si era reso obbligatorio proprio il meccanismo dell’ancillary copyright. Inevitabilmente, l’introduzione di un nuovo diritto connesso in capo agli editori si ripercuoterebbe, infine, proprio sui consumatori finali, i quali sconterebbero un aumento di prezzi per l’accesso ai servizi della società dell’informazione e una maggiore difficoltà nel reperire contenuti. Diminuendo il pluralismo dei media, i consumatori sarebbero gravati anche da maggiori costi in termini di tempo per la ricerca. Ancora, in Spagna, si assiste a una perdita di 1,85 miliardi di euro l’anno per il cosiddetto “surplus del consumatore”, anche a tacere del rischio di un’estensione di responsabilità in capo agli utenti europei per la condivisione di collegamenti ipertestuali a contenuti illegali. L’introduzione del nuovo diritto connesso, potrebbe, in questa direzione, fortemente inficiare i servizi di creative commons, precludendo ai consumatori la possibilità di fruire di pubblicazioni proprio quando, per la volontà del proprio autore, sarebbero state diffuse liberamente e condivise in modalità prestabilite. Si pensi a tutte le pubblicazioni scientifiche che si basano sull’accesso aperto, quali, ad esempio, la Public library of science.

Sono fattori che invitano a un ripensamento in relazione a un proposta, quella sull’ancillary copyright che, nello scenario di un’economia digitale globale, rischierebbe di ostacolare lo sviluppo e l’innovazione proprio là dove – e cioè in Europa – la condivisione della conoscenza è il motore della crescita, anche sociale e culturale, di oltre 500mila cittadini.

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