I remain riacquistano vigore approfittando anche della malattia della regina e Wilbur Ross, il segretario al Commercio Usa designato da Donald Trump, non ha la finezza del diplomatico. In sostanza ha detto: i concorrenti del Regno Unito si diano una mossa per approfittare “dell’opportunità offerta loro da Dio” con la Brexit. Va sottolineato che Ross ha fatto queste dichiarazioni a giugno, pochi giorni dopo il referendum che ha dato la vittoria ai sostenitori dell’uscita dall’Ue. A quell’epoca, probabilmente, non aveva la minima idea che sarebbe diventato segretario al Commercio Usa e quindi parlava da uomo d’affari e di finanza ad altri suoi colleghi, certo meno ricchi di lui, ciprioti. Due giorni fa la stampa britannica ha tirato fuori dai cassetti queste affermazioni, in un momento in cui i sostenitori del remain cercano di recuperare terreno nel tentativo di bloccare il processo di uscita del Regno Unito dall’Ue.
Non c’è ancora la sicurezza definitiva dell’uscita perché la Corte suprema della Gran Bretagna a gennaio deciderà se, per innescare la Brexit, sarà necessario un voto d’approvazione del Parlamento. In quel caso ci potrebbe essere un ribaltone. Al momento poco probabile, ma nel frattempo crescono le pressioni per creare un ambiente favorevole al remain. Nei giorni scorsi, per esempio, sono stati diffusi diversi sondaggi (di dubbia affidabilità) in cui si sostiene che se si votasse oggi vincerebbero i sostenitori della permanenza nell’Ue.
La situazione preoccupa il primo ministro britannico, Theresa May, che nel suo primo messaggio di Natale alla nazione ha sottolineato l’importanza dell’unità nazionale (pochi giorni prima la premier scozzese Nicola Sturgeon aveva ribadito che resta sul tavolo l’opzione di uno Stato indipendente dentro l’Ue). “Con l’uscita dall’Unione europea”, ha affermato la May, “dobbiamo cogliere un’opportunità storica per definire un nostro nuovo forte ruolo nel mondo e per unire la nostra nazione mentre avanziamo verso il futuro”. La May ha ribadito che a marzo inizierà la procedura di uscita del Regno Unito dall’Ue, un processo che durerà due anni.
Il prossimo segretario al Commercio Usa, dunque, in occasione di un incontro con la comunità finanziaria cipriota, ha detto che dopo il voto a favore della Brexit il Regno Unito avrebbe attraversato un periodo di “confusione” in cui “inevitabilmente” ci sarebbero state delle “delocalizzazioni”. Al momento non è successo niente di quanto si temeva, le banche sono rimaste tutte a Londra. Ma è anche vero che fino a quando non sarà fatto scattare il famoso articolo 50 nel prossimo mese di marzo, il Regno Unito resta a tutti gli effetti all’interno dell’Ue. Ross ha quindi incitato Cipro “ad adottare e annunciare immediatamente politiche relative ai servizi finanziari ancora più liberali di quelle già attuate, in modo di trarre vantaggio dalle inevitabili delocalizzazioni”.
Al riguardo non è un mistero che Milano punti a sostituirsi a Londra come sede del mercato dell’Euroclearing ovvero delle attività di liquidazione e di regolamento delle transazioni denominate in euro. Certo che le dichiarazioni di Ross non sono di buon auspicio per le prossime trattative bilaterali sul commercio fra Stati Uniti e Regno Unito. Il tutto è paradossale, se si pensa che Trump è stato Oltreoceano uno dei pochi sostenitori della Brexit, vista invece malissimo dall’uscente amministrazione Obama. Il Partito laburista ha subito colto la palla al balzo definendo le parole di Ross “un salutare ammonimento” che gli altri Paesi sono pronti ad avvantaggiarsi delle debolezze del Regno Unito dopo la Brexit. E il ministro ombra del Commercio internazionale, Barry Gardiner, ha sottolineato che “il governo May non è riuscito ad articolare una visione coerente di quale tipo di economia sarà quella britannica dopo la Brexit. questo ci rende deboli e vulnerabili agli occhi degli altri”.
Mervyn King, governatore della Banca d’Inghilterra (BoE) dal 2002 al 2013, diventato dopo la sua uscita uno dei più aspri critici dell’Ue, ha ammesso che il Regno Unito dovrebbe essere “più fiducioso” sulle sue prospettive una volta uscito dall’Unione. King ha spiegato che “uscire da un’Ue abbastanza infruttuosa, particolarmente in campo economico, ci offre delle opportunità e ovviamente grosse difficoltà politiche”. Per l’ex governatore della BoE non ha senso seguire l’esempio della Norvegia, che pur non essendo membro dell’Ue fa parte del mercato unico perché questo comporterebbe il mantenimento della libertà di movimento dei cittadini Ue. Non va bene nemmeno il modello adottato dalla Turchia, che fa parte dell’unione doganale, in quanto limiterebbe le capacità di Londra di stipulare trattati commerciali in piena libertà. Per King, il governo dovrebbe delineare “al più presto” le nuove politiche sull’immigrazione in modo di evitare che facciano parte delle trattative sulla Brexit che cominceranno a marzo.
Che i sostenitori della Brexit vivano un momento di sbandamento è sicuro. E a peggiorare la situazione contribuisce la malattia della più decisa sostenitrice dell’uscita dall’Ue. La regina Elisabetta II ha dovuto rinunciare alla messa di Natale per un “forte raffreddore”, secondo il comunicato ufficiale. A parte l’infelice espressione, che ai tempi dell’Unione Sovietica significava caduta in disgrazia o morte imminente del raffreddato, la sovrana ha 90 anni e a quell’età ogni malessere preoccupa. Si sa che è stata lei a far pendere la bilancia dalla parte della Brexit quando, pochi giorni prima del voto, chiese ai suoi ospiti di dirle tre ragioni per restare nell’Ue, un modo molto diplomatico per rendere pubblico il suo euroscetticismo. Gli elettori capirono al volo. Sarà fantapolitica, ma se non ci fosse più la regina e sul trono salisse il principe William, ritenuto un sostenitore dei Remain, molto potrebbe cambiare. Se fosse infatti necessario il voto del parlamento, molti deputati incerti avendo un sovrano a favore dell’Ue potrebbero votare contro la Brexit e fare così il ribaltone. E c’è chi sostiene che la casa regnante britannica è lì solo per fare scena.
(Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)