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Perché il costo standard salverà la scuola italiana

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A chiusura del 2016 la nostra blogger suor Anna Monia Alfieri consegna ai lettori di Formiche.net i suoi auguri a studenti, genitori, docenti, istituzioni; al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e al ministro Valeria Fedeli. Questa la frase che dedica ai cittadini: “Finché gli italiani non vinceranno la battaglia delle libertà scolastiche in tutti i gradi e in tutte le forme, resteranno sempre servi (…) di tutti perché non avranno respirato la vera libertà che fa padroni di se stessi e rispettosi e tolleranti degli altri, fin dai banchi della scuola, di una scuola veramente libera”. (Luigi Sturzo). Suor Anna Monia Alfieri è considerata una delle voci più autorevoli nel panorama scolastico italiano. Noi di Formiche.net  – che l’abbiamo “scoperta” nel maggio del 2015 – la ringraziamo per la passione e la competenza con cui fa opera di informazione e divulgazione. (Michele Arnese, direttore di Formiche.net)

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La famiglia italiana ha la responsabilità educativa e dunque dovrebbe avere la libertà di scelta educativa. In realtà, riguardo a questa libertà, la famiglia è considerata dallo Stato “incapace di intendere e di volere”: può scegliere di ricoverare il nonno al San Raffaele pagando un ticket, ma non può scegliere di educare il figlio presso una buona scuola pubblica paritaria che fa parte, come la pubblica statale, del Servizio Nazionale di Istruzione. I genitori, con il loro lavoro, non possono pagare sia le tasse per la scuola pubblica statale sia la retta che fa funzionare la scuola pubblica paritaria che avrebbero il diritto di scegliere. Insomma, i poveri devono pagare due volte per esercitare il loro diritto di libera scelta, nonostante la Costituzione reciti: “La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali” (art. 33, comma 4). Giusto per essere in tema: in Italia Gesù Bambino non può scegliere una buona scuola pubblica paritaria, il figlio di Erode sì. La famiglia povera deve iscrivere il pargolo alla scuola pubblica statale, cioè non è libera di scegliere tra “le due gambe del Sistema Nazionale di Istruzione”, come ha affermato, ad effetto e con verità, il ministro Giannini, persona intelligente e non inquinata dagli intrallazzi della politica.

L’aberrazione del mancato diritto emerge nettamente nel caso del genitore povero con il figlio portatore di handicap. I cento euro scarsi di detrazione annui e i mille euro per il sostegno del bambino con tetraparesi spastico-distonica (a fronte dei 25 mila necessari per il docente ad hoc), che scelga la scuola pubblica paritaria, denunciano quella che è stata definita la più grave ingiustizia a cui deve sottostare la famiglia italiana, facendo risultare il Paese al 47^ posto al mondo in termini di “garanzia” dell’esercizio alla libertà di scelta educativa dei genitori. In Europa e nei Paesi dell’Est il genitore povero sceglie in un pluralismo educativo pubblico, “statale e non statale”. In Italia no. Per la verità, neanche in Grecia.

L’art. 3 della Costituzione recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini (…)”.

Ebbene, questa uguaglianza non è “concessa” ai genitori che scelgono di iscrivere i loro figli in quelle scuole che la legge 62/2000 ha dichiarato “pubbliche” paritarie, equiparandole in tutto alle statali, esclusa – piccola svista – la parte economica. Un diritto attribuito ma non garantito, che diritto è?

Gli aggettivi pubblico e statale non sono sinonimi. Ciò che è pubblico, non è necessariamente statale, cioè prescinde dal soggetto gestore. Il San Raffaele è pubblico, cioè serve a tutti e quindi riceve fondi pubblici, ma non è statale (per sua fortuna, direbbero i maligni).

Il Parlamento Europeo ribadisce (risoluzione del 14 marzo 1984, art. 7): “La libertà di insegnamento e di istruzione comporta il diritto di aprire una scuola e svolgervi attività didattica. Tale libertà comprende inoltre diritto dei genitori di scegliere per i propri figli, tra diverse scuole equiparabili, una scuola in cui questi ricevano l’istruzione desiderata.” E all’art. 9 leggiamo, dal punto di vista del docente, che “il diritto alla libertà d’insegnamento implica per sua natura l’obbligo per gli Stati membri di rendere possibile l’esercizio di tale diritto anche sotto il profilo finanziario e di accordare alle scuole le sovvenzioni pubbliche necessarie allo svolgimento dei loro compiti, all’adempimento dei loro obblighi in condizioni uguali a quelle di cui beneficiano gli istituti pubblici corrispondenti, senza discriminazione nei confronti degli organizzatori, dei genitori, degli alunni e del personale”. Affermazioni riproposte dallo stesso Parlamento Ue con la risoluzione dell’ottobre 2014.

Oggi lo Stato italiano non può erogare finanziamenti aggiuntivi per le scuole paritarie, perché il welfare fa sempre più fatica a sostenere la spesa sociale. E’ necessario invece spendere meglio e di meno. Come?

La via maestra per assicurare una effettiva autonomia delle istituzioni scolastiche e una reale parità scolastica passa dalla riorganizzazione del finanziamento dell’intero sistema nazionale di istruzione attraverso la definizione del costo standard di sostenibilità per allievo. Lo dimostra scientificamente – dati alla mano – il saggio “Il diritto di apprendere. Nuove linee di investimento per un sistema integrato“, ed. Giappichelli, 2015, di Alfieri, Grumo e Parola con la prefazione di Stefania Giannini. In pratica, dotando ogni alunno di un cachet da spendere nell’istituto che intende scegliere, si realizzerebbe finalmente il pluralismo educativo dando così alle famiglie la possibilità di decidere fra una buona scuola pubblica statale e una buona scuola pubblica paritaria; lo Stato risparmierebbe fino a 17 miliardi di euro sull’attuale spesa scolastica; si attiverebbe infine una sana concorrenza tra le scuole pubbliche, statali e paritarie, mirata al miglioramento dell’offerta formativa. L’alternativa dei finanziamenti a pioggia per fantomatici progetti rappresenta il tracollo economico anzitutto della scuola pubblica statale, oltre alla impossibilità di garantire il pluralismo educativo, offerto dalla pubblica paritaria.

Definire il costo standard di sostenibilità per allievo significa individuare il costo ottimale per l’istruzione di ogni alunno (diverso dal costo medio, che è dato dal costo complessivo diviso il numero di alunni). Il costo standard è soggetto ad una pluralità di variabili: grado scolastico, indirizzo della scuola, situazione di handicap, collocazione geografica della scuola, ambiente sociale, ecc. Ugualmente vanno tenuti in considerazione altri aspetti che rendono la realtà diversificata, quali i contratti, la gestione degli immobili dove sono ubicate le scuole, la necessità di particolari presenze professionali, come psicologi, mediatori culturali, operatori sanitari, ecc. Sarà ovviamente differenziato il costo standard del liceo scientifico del quartiere Scampia di Napoli rispetto a quello del centro di Milano…

Soltanto su questo fondamento si potrà impiantare per tutti gli studenti delle scuole pubbliche qualsiasi strumento importante come la Convenzione che disciplina i rapporti economici tra il Miur e le istituzioni scolastiche paritarie, il Voucher per lo Studente, la detraibilità fiscale delle spese scolastiche, varie misure di diritto allo studio (buono scuola, assistenza disabili, refezione, trasporto….). Dotando ogni alunno di un cachet da spendere nell’istituto che intende scegliere, si realizzerebbe finalmente il pluralismo educativo dando così alla famiglia la possibilità di scegliere la buona scuola pubblica – statale o paritaria – che desidera; lo Stato risparmierebbe fino a 17 miliardi (!) di euro  sull’attuale spesa scolastica, si eviterebbero gli sprechi, si dedicherebbero risorse necessarie alle scuole, anche piccole e isolate, attualmente in grave difficoltà. E’ la grande speranza per il 2017. Uomini e donne di scuola e dello Stato, professionisti di altissimo livello culturale tra gli “addetti ai lavori”, lo hanno capito perfettamente, essendo anche liberi da ogni deformazione mentale di tipo ideologico. L’alternativa al costo standard di sostenibilità è il tracollo della scuola pubblica italiana, statale e paritaria. Tertium non datur.

In conclusione rilancio la petizione Libertà di scegliere la Buona Scuola Pubblica Statale e Paritaria (puntiamo a 50 mila firme).

Grazie, con l’augurio di un 2017 colmo di speranza.


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