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L’Italia, Paolo Gentiloni e la Russia

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Bene ha fatto il presidente Paolo Gentiloni a fare, finalmente, un’apertura alla Russia. Lo ha fatto, decrittando le sue parole, avendo a mente il modello governativo russo che è come la conseguenza di un modello mentale e nazionale. Oggi il livello di sviluppo di un Paese dipende completamente dalle potenzialità umane del Paese stesso. Queste potenzialità si fondano su caratteristiche uniche della mentalità nazionale, sulle cause storiche, culturali e climatiche della formazione delle persone che vivono e hanno continuato a vivere in quella nazione.

Secondo Carl Gustav Jung, gli archetipi sono elementi “estremamente sviluppati dell’inconscio collettivo” che è stampato, profondamente e inconsapevolmente, in ciascuno individuo.
Fra i russi, secondo Jung, prevale la caratteristica dell’individuo “introverso, etico e intuitivo”. Questo tipo di persona ha una particolare percezione e sensibilità della vita, dando priorità a valori emotivi a fronte della materiale mancanza di organizzazione e di pragmatismo. Per questo, in genere, si presume che ci siano certi fattori che hanno profondamente segnato la formazione della mentalità russa.

FATTORE CLIMATICO

La caratteristica più rilevante del sistema agricolo russo è il periodo immensamente corto delle attività agricole. Dura, infatti, dall’ultima metà di aprile, inizio di maggio, fino ai primi del mese di ottobre: si tratta di circa 90-100 giorni all’anno. Al contempo in Europa occidentale i campi sono sempre coltivati tranne a dicembre e a gennaio. Questa differenza, apparentemente non riferita all’individuo, ha un’importanza fondamentale nella formazione della mentalità russa. I russi, per secoli, sono stati sottoposti a ritmi altissimi di lavoro e a sforzi estremi proprio per la durata della loro corta estate. La conseguenza ne è la particolare impulsività propria di chi non ha goduto dei periodi di spensieratezza e prosperità. “Nessuna nazione in Europa è capace di tali sforzi per quel certo tipo di lavori e in quelle condizioni così come può farlo il popolo russo, e in nessun luogo in Europa si può trovare tale abitudine a questa condizione”. Il movimento di “stachanov” è noto e potrebbe essere la dimostrazione delle basse inclinazioni del mondo russo alle attività economiche.

FATTORE STORICO

Secondo lo storico Vladimir Solovyev, nel periodo che va dagli anni 800 al 1237, la Russia fu attaccata ogni 4 anni; dal 1240 a 1462 subì 200 attacchi e dal 1368 a 1893 ci sono stati ben 329 anni di guerra. Nella storia russa, per ogni due anni di guerra c’è stato un anno di pace.
Tutto questo ha provocato un’evidente predisposizione dei russi a essere fatalisti, collettivisti e fortemente propensi, vuoi per un complesso d’inferiorità diffuso, a riprendere e in alcuni casi copiare, i modelli di sviluppo stranieri.
Forte e permanente è l’influenza straniera sui russi che ne scimmiottano a volte i modelli peggiori. Tant’è che la Russia nel IX secolo è finita sotto l’influenza scandinava; nel X secolo sotto quella bizantina, nel XII sotto quella dei tartari-mongoli e nel XVIII sotto quella delle grandi famiglie regnanti dell’Europa occidentale. Tale tendenza unisce, nell’ideologia e nella mentalità russa, pertanto, sia elementi orientali sia occidentali, senza però farne una piena sintesi.

CARATTERISTICHE RUSSE E INFLUENZE SULLE FORME DI ORGANIZZAZIONE STATALE

All’inizio del periodo degli antichi principi russi non esisteva un’autorità autocratica. Tra il principe e il suo seguito esistevano relazioni, per così dire, democratiche: lui era il primus inter pares. Ma esistono sempre le eccezioni: il principe Andrey Bogolyubskiy, nel XII secolo, volle la piena autorità, ma fu ucciso dopo oscure trame dei boiardi di Stato. L’idea di autorità suprema apparve in Russia solo dopo il periodo dell’invasione tartaro-mongola. Questo comportò anche la necessità per i principi di essere uniti di fronte al pericolo esterno: da qui inizia la tradizione di definire il principe khan. Se, in origine, il titolo era usato dai capotribù turco-mongoli delle steppe, e conobbe una incredibile fortuna dopo le conquiste di Gengis Khan e la formazione dell’Impero mongolo, in realtà, il vero titolo di Gengis era Khagan, ovvero “Khan dei Khan”, o Gran Khan, che corrisponde al nostro “imperatore”. Questo titolo fu ereditato poi dai suoi successori fino a Kublai Khan. I sovrani dei regni in cui fu diviso l’Impero avevano invece il titolo di Khan.

Con la caduta dell’impero bizantino, si evidenzia e si trasferisce, nell’idea di organizzazione statale, quello della centralizzazione che inizia la sua penetrazione nella cultura politica della Russia e che, ben presto, divenne un principio sacro e intoccabile. Nel XV secolo gli stessi principi russi iniziarono a prendere il titolo di zar (che richiamava quello romano di “Cesare”) e nel 1547 Ivan Grozny fu il primo a essere incoronato come tale.

La parola zar divenne ufficiale, ma era un titolo di secondo livello rispetto a quella che poteva essere un’investitura mistica. Nel 1649 il Codice del Consiglio associa la personalità dello zar con quella dello Stato. Per questo fino a oggi l’approccio propriamente statale prevale su quello nazionale.

FATTORE GEOGRAFICO

Molte etnie furono eliminate da fattori geografici e da popolazioni viciniori violente per questo si seguì un modello economico intensivo, mentre gli spazi illimitati e a bassa densità di popolazione plasmarono un modello governativo ed economico completamente diverso da ognuno di quelli esistenti. La naturale forza della varietà di clima ha contribuito ulteriormente: dove ci sono diversità di clima, anzi climi totalmente diversi, ci sono diversità di tipologie di esseri umani e oltremodo adattabili. Di conseguenza dal nord al sud della Russia si è sviluppato un alto senso di divisione e antagonismo e la gestione in queste condizioni di diversità tipicamente umane ha richiesto un alto livello di abilità statale. Mentre la naturale tendenza all’omogeneità e all’uniformità si è sviluppata tra le zone ovest ed est della Russia stessa: un’immensità di territori.

LA RUSSIA OGGI

Tutto quanto detto ci porta a poter descrivere il tipico individuo russo, in un Paese multietnico, multireligioso, come una persona con un basso livello di individualismo e con una forte distanza nel riconoscere un’autorità, ma capace di un’immensa e subìta inclinazione alla mobilità; tollerante e imitativo di altre culture.
Il moderno regime politico russo, che può essere descritto come democratico, con linee di oligarchia autocratica e con stabili elementi di corporativismo politico ,è la conseguenza dei molti fattori prima descritti. Una funzione metapolitica del destino della Russia come la “terza Roma” si affaccia sul mondo.

C’è una bella storia russa da menzionare, quella della “rana bollente”: se una rana è messa improvvisamente in acqua bollente, salterà fuori, ma se è messa in acqua fredda, portata poi lentamente a un punto d’ebollizione, la rana non percepirà il pericolo e sarà cucinata a morte. Il tempo di quando per la carica di zar fu scelto il più nobile tra i nobili e l’uomo più virtuoso tra i virtuosi (prima dei Romanov fu scelto dal consiglio dei boiardi) è passato.

Putin è un nazionalista e uno che ha tentato di modernizzare il Paese, ma per far questo non rinuncia in nessun modo all’autorità russa. Anzi rinuncia senza dubbio alla modernizzazione.
La democrazia, come concetto esteso, non corrisponde proprio ai valori della popolazione russa perché lo zar era il governatore di Dio sulla terra. E oggi lo zar non c’è più.

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