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Family Day, tutte le familiari divisioni tra Adinolfi e Gandolfini

Il periodo è lo stesso: l’ultimo sabato di gennaio. La città pure: Roma. Nemmeno i motivi della mobilitazione sono cambiati: la difesa dei valori non negoziabili, a partire dalla famiglia naturale fondata sull’unione tra un uomo e una donna. Solo che mentre il 30 gennaio 2016 erano tutti uniti al Circo Massimo per dire no al ddl Cirinnà con un evento di successo come è stato il Family Day, il 28 gennaio 2017 – un anno dopo – i promotori si sono ritrovati sì a Roma per ribadire gli stessi concetti, ma in due manifestazioni ben distinte. E senza quel fiume di gente visto al Circo Massimo.

È così che in un sabato romano di fine inverno la divisione nel movimento del Family Day ha trovato una plastica e simbolica rappresentazione: alcuni esponenti del Comitato Difendiamo i nostri figli, promotore ufficiale dell’evento di un anno fa, hanno preso parte alla manifestazione della destra sovranista indetta da Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia e culminata nei comizi di piazza San Silvestro. A pochi chilometri di distanza, l’altra costola dell’associazionismo pro-family ha invece riempito il Teatro Eliseo per l’Assemblea nazionale del Popolo della Famiglia, partito nato dall’esperienza del Family Day.

Come è possibile che si sia arrivati a questa situazione? Le ricostruzioni dei vari protagonisti si sprecano, così come gli attacchi reciproci via social e non solo, con tutti i tentativi di pacificazione per ora miseramente falliti. All’origine dello strappo, una divergenza di strategia politica che la divisione di sabato ha ben esemplificato.

Il Comitato Difendiamo i nostri figli guidato da Massimo Gandolfini ritiene che la via da seguire sia l’azione di lobbing su partiti e parlamentari, con l’obiettivo di aprire una breccia e portare le istanze del Family Day alla Camera e al Senato, fino al Governo. Magari candidando alcuni rappresentanti del Comitato all’interno dei partiti disponibili a sottoscrivere una piattaforma di valori condivisi; il che significa stringere accordi con le forze politiche di centrodestra, le più sensibili su questi temi. Non è un caso quindi se il vicepresidente del Comitato Simone Pillon, insieme a un altro membro del direttivo come Emmanuele Di Leo, abbiano partecipato alla manifestazione della Meloni, che con Fratelli d’Italia ha dimostrato aperture verso i temi della famiglia naturale e del no alle coppie gay. Lo stesso Pillon dal palco ha arringato la piazza sovranista rivolgendosi per nome ai vari leader del centrodestra (dalla Meloni a Matteo Salvini, passando per Gaetano Quagliariello) e dicendo: «Dobbiamo essere alternativi sui valori. Noi appoggeremo tutti quei partiti che metteranno nei loro programmi elettorali questi punti. Il primo punto irrinunciabile è l’abrogazione della legge Cirinnà». Pillon in realtà non è nuovo alle piazza della destra, perché già nel novembre 2015 era salito sul palco leghista di Bologna. Va detto poi che lo stesso Gandolfini aveva annunciato la sua partecipazione alla manifestazione sovranista, dopo essere stato invitato dalla Meloni, ma evidentemente ha preferito mandare un suo braccio destro.

Al Teatro Eliseo il Popolo della Famiglia ha invece annunciato tutt’altra strategia. Il partito fondato dal giornalista Mario Adinolfi e dall’avvocato Gianfranco Amato ha riunito un migliaio di persone da tutta Italia per tracciare la linea dell’autonomia nella difesa dei cosiddetti valori non negoziabili. Per tutelare la famiglia naturale e frenare l’educazione gender nelle scuole, Adinolfi non ha intenzione di scendere a patti con vecchi e nuovi partiti. Per lui sono tutti colpevoli di aver tradito il popolo cattolico. Meglio a questo punto fondare da soli un partito del tutto nuovo e cercare di farlo entrare in Parlamento alle prossime elezioni politiche. Il popolo del Family Day si ritrova piuttosto disorientato.

Pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi



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