I dati diffusi da Istat sul commercio estero extra Ue a dicembre 2016 contengono un paio di grafici molto interessanti che ci consentono di apprezzare chi siano i nostri migliori partner fuori dall’Europa e insieme i nostri migliori clienti, ossia quelli con i quali il saldo degli scambi è per noi positivo. Circostanza non da poco, visto che il saldo commerciale è stato in questi anni il cavallo di battaglia che ci ha consentito di tenere in ordine i nostri conti esteri.
Osserviamo il grafico che individua i nostri principali partner extra Ue. L’istogramma rosso misura i dati di dicembre, quello grigio il confronto fra gli anni 2015 e 2016. Non è certo un orizzonte statistico significativo, ma serve a farsi un’idea abbastanza chiara e ricavare alcune informazioni utili. Come la circostanza che ci sia stato un aumento di esportazioni verso la Cina e il Giappone, che sono i nostri migliori partner extra Ue su questo fronte. Così come è interessante osservare che le importazioni a dicembre dai paesi Opec sono aumentate del 67,7%: dà un’idea di come l’evoluzione dei prezzi petroliferi dopo il vertice di Vienna sia al cuore dell’equilibrio dei nostri conti commerciali.
L’istogramma grigio misura il saldo commerciale per tutto il 2016. Quindi si osserva che gli Stati Uniti, l’anno scorso, hanno fatto entrare nelle casse italiane, grazie ai loro acquisti netti, una cifra superiore ai 23 miliardi di euro, mentre il saldo nei confronti della Cina rimane negativo per oltre 16 miliardi. Se considerate che il saldo complessivo extra Ue del 2016 è stato positivo per 39,9 miliardi di euro, ciò significa gli Usa pesano quasi il 60% di questo successo. Un calo dell’import dagli Stati Uniti sarebbe disastroso per la nostra economia.
Si capisce perciò perché il nuovo presidente Usa, che minaccia ondate di protezionismo, generi tanti nervosismi. E poiché nei giorni scorsi un componente della sua amministrazione ha criticato la Germania accusandola di tenere il cambio basso per godere di vantaggi commerciali, dovremmo notare che questa accusa, seppure indirettamente, riguarda anche noi, visto che siamo fra i maggiori esportatori verso gli Stati Uniti. A meno di non pensare che noi stiamo più simpatici dei tedeschi agli americani.
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