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Fondo Atlante, ecco quanto Intesa Sanpaolo, Unicredit, Bper e Banco Bpm svaluteranno

Di Oscar Bodini
atlante, alessandro penati

Diversi soci del Fondo Atlante sono pronti a seguire l’esempio di Intesa Sanpaolo apportando svalutazioni a due cifre percentuali sulle rispettive quote già nei bilanci chiusi al 31 dicembre scorso. Alcune fonti a conoscenza del dossier hanno infatti spiegato a MF-DowJones che l’indicazione che a stretto giro verrà portata all’attenzione dei cda chiamati ad approvare i conti dell’ultimo esercizio sarà di rivedere al ribasso “tra il 24% e il 30%” il valore di libro degli investimenti sostenuti lo scorso anno per dare vita al veicolo gestito da Quaestio sgr. Valutazioni che in sostanza sarebbero in linea – e in qualche caso persino superiori – rispetto alle stime elaborate da Deloitte Financial Advisory: applicando i multipli di mercato di banche quotate il valutatore indipendente aveva indicato in 2,632 miliardi di euro il net asset value (nav) complessivo del Fondo Atlante (619.580 euro il valore attribuito a ciascuna quota). Quaestio ha tuttavia deciso di applicare il criterio del costo storico dell’investimento per determinare il net asset value, indicato così a 3,48 miliardi di euro (819.135 euro a quota). Le risultanze, aveva però precisato la sgr milanese nella nota con cui ufficializzava la decisione, sono passibili di revisioni in corso d’opera. “Non appena si renderanno disponibili nuove informazioni ufficiali e dati oggettivi che possano essere rilevanti ai fini di una nuova valutazione delle partecipate, come i bilanci 2016 o il piano di fusione tra le due banche”, vale a dire le controllate Veneto Banca e Popolare Vicenza, “l’sgr si riserva la facoltà di aggiornare il calcolo del nav e di comunicarlo agli investitori”.

Questi ultimi “hanno una lungimiranza pari a zero”, aveva detto martedì scorso Alessandro Penati, presidente di Quaestio, commentando polemicamente le voci secondo cui altri soggetti bancari sono pronti ad abbattere il valore dell’investimento in Atlante sulla scorta di quanto fatto da Ca’ de Sass (che ha svalutato di 227 milioni gli 845 milioni tirati dal Fondo). Secondo l’economista, un’eventuale decisione in questo senso potrebbe avvenire soltanto tra qualche anno, almeno tre, tenuto conto della delicatezza dell’operazione sistemica varata e delle tante incognite che ancora incombono, prima tra tutte quella che riguarda un possibile intervento dello Stato nella partita delle due banche venete. In queste ultime, aveva detto ancora Penati, Atlante ha dovuto intervenire su “ipo con numeri che erano un libro dei sogni; era una horror story”. Tra l’altro ieri Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo (primo azionista di Quaestio), è intervenuto sottolineando che «le osservazioni di Penati sono del tutto pertinenti” sui soci che hanno deciso di svalutare la loro quota nel fondo Atlante a pochi mesi dall’investimento. “Tranne un socio, Intesa, che con Messina ha sempre affiancato positivamente l’azione di Atlante”.
In ogni caso, come detto, altri soggetti sono pronti a svalutare. Tra chi è già uscito allo scoperto c’è Bper . “Interverremo sicuramente sul valore della quota”, ha annunciato pochi giorni fa l’amministratore delegato Alessandro Vandelli. Il valore di carico dell’investimento effettuato dall’istituto emiliano è di 100 milioni di euro. Va detto comunque che la decisione di abbattere il valore del rispettivo impegno nel Fondo Atlante non trova concordi tutti i soggetti che hanno preso parte all’iniziativa. “La scelta di dare vita ad Atlante è stata corretta perché ha garantito ossigeno al sistema per almeno un anno e mezzo”, ha sintetizzato a caldo per commentare la presa di posizione di Penati una delle fonti interpellate, intenzionata a non svalutare la quota di spettanza. “Se il Fondo non ci fosse stato, sarebbe stato probabilmente molto peggio e ora staremmo qui a raccontare una situazione più drammatica”.

Di certo chi per il momento non pensa di abbattere il valore dell’investimento sono le Fondazioni, che nella dotazione del fondo hanno garantito impegni superiori a 500 milioni (i due contributori principali sono Fondazione Cariplo e Compagnia di San Paolo, che hanno messo sul piatto 100 milioni di euro ciascuna, ma complessivamente sono circa una ventina gli enti che hanno contribuito alla dotazione di Atlante). “Non c’è motivo per svalutare”, aveva tagliato corto pochi giorni fa lo stesso Guzzetti parlando nella sua veste di presidente dell’Acri. Anche le compagnie assicurative – gli esborsi più ingenti sono stati quelli di Poste Vita (260 milioni), Generali (150 milioni) e Unipol (100 milioni), oltre all’unico gettone di matrice estera, ossia i 100 milioni conferiti da Allianz – potrebbero adeguarsi per il momento a questa linea. La ragione è stata spiegata qualche giorno fa da Milano Finanza: “Le compagnie assicurative potrebbero evitare le svalutazioni nei bilanci civilistici se dimostrassero che non si tratta di una perdita durevole, ma soprattutto perché gran parte di quelle quote sono finite nelle polizze Vita, ovvero le gestioni sperate che valutano gli asset al costo storico e che non contabilizzano le perdite a meno della vendita degli asset interessati”. Un’indicazione importante in questo senso arriverà da Unipol , che domani farà da apripista tra le compagnie annunciando i conti 2016.

di Oscar Bodini (MF-DowJones)

(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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