Lo spread Btp-Bund a quota 200. Una soglia psicologica importante, che fa paura. Era 70 il 16 settembre 2008, quando Lehman Brotehrs dichiarò bancarotta e 170 nel gennaio del 2009. Sopra 200 ce lo ricordiamo all’estate del 2011 quando esplose la grande crisi greca per la prima volta in maniera massiccia. Da lì fu una corsa senza sosta per toccare quota 574 a novembre, il livello più alto mai raggiunto.
Perciò anche oggi questa cifra tonda fa paura e fa presagire evoluzioni tragiche. Lo spread misura, lo ricordiamo, il grado di rischiosità di un Paese rispetto al benchmark, che in questo caso è la Germania. Allora, se l’Italia viene percepita come rischiosa, occorre mettersi ai ripari per salvare i nostri risparmi.
LE CAUSE DELLO SPREAD A 200
Come? Formiche.net lo ha chiesto a Riccardo Ambrosetti, presidente di AMBROSETTI ASSET MANAGEMENT SIM. Che inizia a spiegare le ragioni di questo movimento dei governativi: “Il rischio francese di una vittoria della Le Pen – dice Amrbosetti – il riemergere di tensioni sulla Grecia, il braccio di ferro tra ministri tedeschi e BCE circa il mantenimento del QE, non ultimo l’instabilità politica italiana che ha in parte frenato il percorso di recupero di fiducia internazionale sono alcuni dei fattori che hanno portato a scaricare la tensione sui titoli governativi dei paesi più deboli, tra questi l’Italia che, ricordiamo, non è solo uno dei paesi più indebitati a livello pubblico al mondo ma, anche, uno dei principali emittenti di obbligazioni governative”.
Questo tipo di tensione coinvolge anche in parte il sistema bancario domestico tipicamente molto esposto su questa classe di attivo. La classe di attivi interessata direttamente dall’andamento dello spread è, naturalmente, rappresentata dai titoli ”simili”, “in primis – prosegue l’esperto – obbligazioni governative emesse da stati altrettanto aggredibili dalla speculazione oltre a obbligazioni di aziende che incorporano il medesimo rischio paese. Più difficile ipotizzare che un eventuale contagio possa coinvolgere obbligazioni di altra origine”.
TORNARE A INVESTIRE IN BTP?
Maggior rischio implica anche maggior rendimento e allora potrebbe essere il momento di entrare sui Btp depressi da mesi di rendimenti a zero o giù di lì. “Dal punto di vista operativo – spiega Ambrosetti – sappiamo che la soglia 200 dello spread in oggetto, così come un rendimento del decennale italiano compreso tra il 2,30% ed il 2,50%, rappresentano per molti investitori una buona opportunità di tornare ad investire in obbligazioni italiane, considerando anche che tassi simili, garantiti da Stati principali, sono rintracciabili oggi solo investendo nel titolo governativo decennale Usa che, peraltro, incorpora un rischio cambio che i titoli italiani non hanno”.
MA ATTENZIONE AI RISCHI
Tuttavia, non va sottovalutato che l’andamento globale dei tassi, a livelli storici bassissimi in quasi tutte le latitudini, preannuncia una generalizzata salita degli stessi. “Questo scenario non è favorevole ad allocazioni strategiche particolarmente sbilanciate verso il comparto – avverte Ambrosetti – Strategie “buy and hold” su titoli di stato, in particolare se con scadenze a medio-lungo termine, sono sconsigliabili. Ancor più accortezza nella diversificazione valutaria all’interno del comparto: ricordiamo che il rischio valutario rappresenta la maggior parte del rischio di tali forme di investimento e richiede una gestione altamente professionale”.
La soluzione consigliabile consiste in una seria diversificazione delle strategie di investimento: “riteniamo indispensabile il passaggio da modalità “cassettista in obbligazioni” – conclude il presidente della Sim milanese – a un approccio più professionale che consideri investimenti azionari come un pilastro ineludibile ad una sana asset allocation ed una capacità dinamica di rivedere nei momenti più opportuni il posizionamento”.