Il marchio Opel è considerato una delle glorie nazionali – anche se è dal 1929 che è parte di General Motors – e solo in Germania occupa, distribuite sui 3 stabilimenti di Rüsselsheim, Kaiserslautern e Eisenach, 18mila persone. La notizia resa pubblica martedì che gli americani di General Motors intendono vendere il marchio Opel ai francesi di PSA Peugeot Citroen ha prodotto un frastuono politico e mediatico. E a vari livelli: a quello delle maestranze, che temono per il posto di lavoro; a quello dell’opinione pubblica, che si domanda coma sia possibile che trattative di questo genere vengano condotte all’insaputa di tutti; infine a quello politico, visto che quest’anno sono in ballo un paio di elezioni regionali molto importanti e soprattutto le elezioni parlamentari in settembre. Tant’è che le proteste più vibrate sono arrivate, oltre che dai sindacati, dai governatori dei Länder nei quali si trovano gli stabilimenti.
COSA DICONO I GIORNALI TEDESCHI
Come detto, la notizia ha suscitato particolare scalpore, soprattutto per la segretezza con la quale sono state condotte le trattative tra americani e francesi, escludendo completamente i tedeschi. Stando, infatti, a quanto riportano i giornali tedeschi, nemmeno i vertici di Opel erano stati informati, eccezion fatta – parrebbe – per il Ceo Karl-Thomas Neumann, informato anche lui però solo qualche giorno prima della notizia ufficiale. Tant’è che Neumann stava lavorando a un piano per trasformare il marchio Opel entro il 2030 in un marchio di soli veicoli elettrici. In più c’è la delusione, per quella che si considera (erroneamente) una promessa mancata. La Frankfurter Allgemeine Zeitung ricorda che, durante la prima visita di Mary Barra nel 2014 a Rüsselsheim, la sede storica della Opel, lì dove tutto era iniziato 155 anni fa, la neonominata Ceo di GM aveva definito Opel “un pezzo indiscutibilmente vitale della nostra impresa”. C’è chi ha voluto leggere questo riconoscimento come una promessa implicita che gli stabilimenti tedeschi non sarebbero stati toccati.
COME STA LA OPEL
Due anni dopo le cose non stanno più così. E con il senno di poi, c’è anche da chiedersi se Barra allora pensava veramente quello che diceva, visto che è dal 1999 che Opel non fa più utili, ma solo perdite. Si sperava nel 2016, considerata forse l’ultima chance. Ma alle sanzioni nei confronti della Russia, uno dei mercati di sbocco sui quali Opel aveva puntato, si è aggiunto il voto a favore di Brexit. Ne è conseguito il calo della sterlina e dunque la riduzione dei margini di profitto per il marchio britannico di Opel, Vauxhall. E così anche il 2016 si è chiuso in perdita.
LE SOVRAPPOSIZIONI
Che gli americani, a prescindere dalla parola d’ordine trumpiana “America First”, siano dunque interessati a vendere è abbastanza comprensibile, considerando inoltre che un acquirente c’è. Dal punto di vista di Opel, le cose stanno invece esattamente al contrario. Come scrive la Welt, l’acquirente non è poi proprio quello ideale. Il gruppo PSA Peugeot accusa infatti gli stessi problemi e difetti di Opel: troppi collaboratori, troppi siti produttivi e infine, troppi pochi modelli di classe superiore che possono garantire margini di profitto importanti. Certo, l’unione tra Opel e Peugeot potrebbe fare la forza, ma se così non sarà, i successivi passi richiederanno inevitabilmente ottimizzazioni e tagli consistenti. Ed è abbastanza scontato che i francesi non inizieranno dalle proprie maestranze, ma da quelle tedesche.
LO SCENARIO
Oggi il ceo GM Mary Barra è arrivata a Rüsselsheim per illustrare quanto fino a oggi dibattuto e deciso con i francesi. I francesi si sono a loro volta dichiarati disponibili a parlare con i sindacati, così come con la Kanzlerin Angela Merkel. Sembra di essere tornati al 2008 anche allora GM voleva vendere: l’acquirente a quei tempi erano i russi della Sberbank e il gruppo di componentistica austrocanadese Magna. Anche allora il dossier finì sul tavolo di Merkel, fu un tira e molla tra vertici e politica che si protrasse fino all’alba. Ma poi a un certo punto GM decise di non vendere più e di tenersi Opel. Finirà così anche questa volta? Difficile dirlo. Certo con il mondo che va a gambe all’aria, Merkel di questo nuovo grattacapo (che rischia di costare voti) avrebbe fatto volentieri a meno.