Sono un delegato dell’assemblea nazionale del Partito Democratico (PD). Anzi, lo ero, poiché ieri l’assemblea è stata sciolta dando inizio al periodo del nuovo congresso.
Mi limito a un’osservazione banale: sono uscito più perplesso di quando sono entrato. Non si è capito un granché di quanto accaduto. Oltre settecento delegate e delegati presenti, oltre 100 gli iscritti a parlare, ma come di consueto sono intervenuti solo i “big” o i referenti delle varie correnti, di maggioranza e di minoranza. Se le son dette e cantante a vicenda per lo più. La voce delle delegate e dei delegati “normali” è rimasta, di nuovo, inascoltata. Anzi, non si è nemmeno potuta esprimere. Ho davvero un’altra idea di democrazia interna.
Qui ho pubblicato l’intervento che mi ero scritto e che non ho fatto per motivi di tempo. Un intervento breve, in stile SPD. Sono abituato a interventi massimo di 4 minuti, perché che tu sia ministro o no, quello è il tempo che ti concedono nelle assemblee, così tutte e tutti, o la maggior parte, possono intervenire. Altri livelli signori, altri livelli lo so.
Alla fine non si è capito chi andava e chi restava. Ci sono stati fischi, grida, boati di tifo tipici degli stadi. Una scena abbastanza deprimente, sarò diventato troppo tedesco, ma questa “roba qua” io non la posso definire normale. Abbastanza disarmante, oltre alla discussione, anche la gestione stessa e l’organizzazione dell’Assemblea. Con un preavviso di appena cinque giorni e con una impossibilità di un vero confronto.
Al di là di queste enormi, pesanti mancanze, alcuni interventi sono stati notevoli. Mi è piaciuto Epifani nella sua elencazione precisa dei problemi concreti, ma anche Fassino, Bellanova, Cuperlo, Damiano, Orlando, Tocci, Zampa e Viotti. Certo, per ragioni diverse tra loro. Non hanno però fatto tifoserie, non hanno premuto sull’acceleratore dello sfascio. Anzi, hanno invitato a una riflessione sui contenuti e sul metodo. Cose entrambi fondamentali.
Non credo sia servito a molto. Pare che Rossi, Emiliano e Speranza usciranno o sono già usciti (o forse no!)… Quello che accade però in queste ore mi sconcerta profondamente. Sia nei confronti del PD che come comunità sta soffrendo molto, sia perché da queste tensioni e fratture interne, anche il Paese ne soffrirà molto. Altrettanto sconcertante è per me quello che accade nei confronti di chi sembra non voler più aderire al progetto PD.
Chiarisco quindi che al gioco al massacro di chi è uscito tempo fa, da poco, così come di chi uscirà, io non ci sto.
Ognuno ha il diritto di fare la propria scelta liberamente e in linea con il proprio sentire. Anche stare è una scelta non sempre facile. Specie in queste condizioni.
Leggo e sento accuse reciproche, offese anche, da opposte tifoserie. La cosa colpisce negativamente prima di tutto dal punto di vista umano. Per me, chi è uscito prima, chi esce ora e chi uscirà domani non sarà un “nemico”. Rigetto questa categoria orrida in politica. Carl Schmitt non è il mio riferimento. E invito a smettere di usare questo concetto. Un nemico si annienta, un avversario invece si sconfigge senza minarne la dignità né mettendo in dubbio il suo diritto all’esistenza.
Se non abbandoniamo questa logica da guerra fratricida abbiamo perso prima di iniziare, ammazzato un progetto come quello del PD, e chiuso le porte in faccia alla creazione di ogni forma di cooperazione in un campo ampio e progressista nel e del centro-sinistra. E a me non sta bene.
Per questo cercherò di seguire quello che accade, oltre che nel PD, perché ne sono parte, anche al di fuori: si è appena concluso il congresso di Sinistra Italiana, questo fine settimana è la volta di Possibile con Pippo Civati e poi Campo Progressista con Giuliano Pisapia.
Voglio credere che la possibilità di incontrarsi, confrontarsi e collaborare per un centro-sinistra realmente tale e forte sia ancora più che possibile.