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Così Giannino vuole Fermare il Declino delle università

Tagliare sì la spesa pubblica, ma con un’eccezione: l’istruzione. “Il settore scolastico è uno dei pochi punti per i quali Fare per Fermare il declino non prevede una riduzione della spesa pubblica nei prossimi cinque anni”: inizia così un articolo pubblicato sul sito di Fermare il Declino, il movimento fondato dall’intellettuale liberista Oscar Giannino.

“Le differenze regionali nella valutazione degli studenti sono uno dei tanti sintomi di un male ben più grave: differenze ben più gravi e di segno opposto nella preparazione e nelle conoscenze degli stessi – si legge nell’articolo che condensa alcune proposte del movimento Fare per Fermare il Declino – La valutazione degli studenti è in parte soggettiva; tale arbitrarietà risulterebbe meno grave se i titoli di studio rilasciati dalle diverse scuole non fossero equiparati nei concorsi pubblici. Questo è uno dei motivi per cui Fare per Fermare il declino propone di eliminare il valore legale dei titoli di studio. Ma l’eliminazione del valore legale serve anche a premiare le scuole ed i docenti meritevoli, perché induce una sana competizione fra scuole nel miglioramento dei propri risultati”. Inoltre, “per eliminare le differenze regionali e inter-regionali nella qualità delle scuole noi vediamo una sola strada: maggiore riconoscimento dei docenti e dirigenti meritevoli nelle progressioni salariali e di carriera, e maggiore autonomia scolastica”.

Che cosa dicono i sostenitori del movimento turbo liberista? Dalla lettura dei commenti all’articolo, la maggioranza dei militanti è favorevole all’abolizione del valore legale della laurea e più in generale alla ricetta proposta da Giannino. “E’ giustissimo abolire il valore legale dei titoli di studio – scrive ad esempio Enrico Sacconaghi – Chi vuole esercitare qualsiasi incarico deve dimostrare con una idonea prova valutativa di essere in grado di assolverlo”. Un altro iscritto, Alfio Conte, ritiene che “l’abolizione del valore legale del titolo di studio risanerebbe immediatamente le Università: la scelta delle stesse da parte degli studenti e delle famiglie sarebbe fatta responsabilmente in rapporto alla capacità delle Facoltà di formare nella prospettiva di un lavoro e non di essere meri ‘esamifici’ ai fini di un posto pubblico”.

C’è persino qualcuno che fa notare come sugli stessi temi ci sarebbe la sintonia con qualche altro partito politico. “Scusate se insisto, e perdonatemi, ma anche sull’abolizione del valore legale dei titoli (e l’abolizione degli ordini professionali, salvo rare eccezioni) i Radicali sono in prima linea e da tempi assai più remoti”, osserva Mariano Dalla Valle.

Certo, in misura minoritaria, c’è qualcuno che non ritiene sufficienti le ricette gianniniane per il rilancio dell’istruzione del nostro Paese. “Eliminare il valore legale è inessenziale per quelle piccole isole di valenza sociale rimaste. Queste hanno già risolto la questione con una propria selezione che prende il titolo di studio come un tenue elemento – fa notare Franco Maloberti -.Il problema non è nella eliminazione del valore legale ma nella ormai inutilità dell’istruzione superiore. Un paese che declina (sia demograficamente che a livello qualitativo della propria manifattura – quella proprietaria e non quella asservita a industrie straniere) può tranquillamente fare a meno delle università. Ce ne sono tante nel mondo”.

Qualcun altro poi solleva questioni ben più prioritarie, come “la proliferazione abnorme di università, l’eccessivo lassismo nell’attribuzione di punteggi, la non valorizzazione del merito, la malintesa e deviante (aberrante) concezione di pari opportunità per tutti. In breve, quindi, anche l’eccessiva inflazione di lauree, phd,etc.”.

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