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Ecco cosa farà Mps con le sofferenze (seguendo il modello Unicredit)

La variabile decisiva sarà il prezzo di cessione. Ai piani alti di Mps ferve il lavoro sull’operazione di deconsolidamento dei crediti deteriorati che sarà il perno del piano di ristrutturazione. Gli advisor Mediobanca  e Lazard, in stretto contatto con la banca senese e con il Tesoro, stanno elaborando diverse simulazioni sul progetto, che nelle sue linee generali dovrebbe ricalcare quello annunciato a dicembre da Unicredit.

L’ORIENTAMENTO

Sembra però che, rispetto all’idea iniziale di deconsolidare le sole sofferenze (28,2 miliardi lordi a fine settembre), oggi l’orientamento sia quello di allargare ulteriormente il perimetro dell’operazione e di comprendere anche gli incagli, portando così lo stock complessivo a 45,5 miliardi lordi. È del resto fisiologico che con il passare dei mesi larga parte degli incagli scivoli a sofferenza zavorrando ulteriormente la banca senese. Tanto più che, tenendo conto dei tempi lunghi della trattativa con Bruxelles e Bce, la cessione rischia di slittare alla seconda metà dell’anno.

IL NODO DEL PREZZO

Se insomma la revisione del progetto potrebbe rispondere a considerazioni prospettiche, la variabile per decidere sarà il prezzo di cessione degli stock. Un valore che sarà figlio non tanto della nuova struttura finanziaria individuata dagli advisor quanto delle aspettative di rendimento dei compratori. Nell’operazione privata fallita a dicembre i crediti sarebbero stati ceduti al 27% del valore nominale, anche se la banca avrebbe dovuto farsi carico degli interessi sul prestito-ponte concesso da Jp Morgan. Ora è plausibile che il prezzo sia inferiore e operatori di mercato lo stimano in un range compreso tra il 20 e il 25% del nominale.

RISCHIO MINUSVALENZA

La minusvalenza generata dovrà essere coperta dalla ricapitalizzazione precauzionale dello Stato e dunque banca e advisor dovranno muoversi con estrema cautela. Se il prezzo offerto dai compratori fosse basso, allargare il perimetro della cessione potrebbe essere sconsigliabile perché rischierebbe di alzare il fabbisogno di capitale rispetto agli 8,8 miliardi calcolati a dicembre dalla Bce. Viceversa, se il valore fosse meno penalizzante, il deconsolidamento degli incagli potrebbe avere luogo. Ecco perché il perimetro della cessione sarà stabilito nel corso del processo d’asta che dovrebbe prendere avvio proprio in questi giorni. Sul fronte legale la partita è coordinata anche dallo studio Bonelli Erede (dove è attivo il team npl coordinato dall’avvocato Paolo Oliviero), mentre altri studi milanesi starebbero sondando la disponibilità di alcuni grandi investitori internazionali.

IL MODELLO UNICREDIT

Come detto, il modello della cessione sarebbe quello annunciato a dicembre da Unicredit con il progetto Fino (Failure Is Not an Option). La rinuncia allo strumento della cartolarizzazione sembrerebbe dettata dalla necessità di chiudere al più presto l’operazione. Anche se con servicer esperti una Gacs può essere completata in tempi ragionevoli, la sensazione è che l’autorità di vigilanza non voglia perdere altro tempo dopo il fallimento del piano di Jp Morgan. Al momento, però, manca ancora qualche elemento per chiarire sino in fondo la struttura del deal.

COSA DICONO GLI ADVISOR

Se il deconsolidamento integrale è un punto fermo, gli advisor non hanno ancora deciso se la banca potrà essere azionista del veicolo cui saranno ceduti i portafogli. In tal caso si avrebbe una perfetta riedizione del progetto Fino di Unicredit. L’istituto milanese guidato da Jean Pierre Mustier ha infatti deciso di trasferire 17,7 miliardi di npl a due veicoli di cartolarizzazione costituiti da Fortress e Pimco, mantenendone però una quota di minoranza. Questa strategia non influenza il prezzo di cessione, ma serve alla banca per partecipare all’upside dei recuperi e non cedere tutto il valore a operatori terzi. Per Mps  la decisione non è ancora stata presa, ma il nodo potrebbe essere sciolto in tempi brevi.

LO SCENARIO

Procede intanto il confronto con le autorità europee per definire nei tempi previsti il piano di ristrutturazione che aprirà le porte allo Stato. Il Financial Times ha ipotizzato divergenze tra la Bce e la Commissione Europea sul salvataggio pubblico, consentito peraltro dalla direttiva Brrd. Il portavoce della commissaria Ue alla concorrenza Margrethe Vestager ha cercato di smussare: “Stiamo lavorando sia con le autorità italiane che con quelle di supervisione” del Ssm della Bce. Ma subito dopo fonti Ue hanno fatto notare che la direttiva è “molto chiara” nell’attribuire alla Bce una serie di compiti, come quello di dichiarare la banca solvente e di stabilire i bisogni di capitale. E mentre ai vertici delle authority europee si discute, il titolo Mps  resta sospeso dagli scambi per il secondo mese consecutivo.

(Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)



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