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Dal loden all’elmetto. Novità e defaillance della guerra 2.0 di Monti

Le elezioni si avvicinano e la Rete si fa rovente. Con comizi da 140 caratteri, le campagne elettorali dei leader italiani vivono sempre più di Twitter e Facebook, dove è ammesso ogni tipo di metamorfosi nell’atteggiamento e nello stile, purché ci si accaparri retweet e follower. In una conversazione con Formiche.net Filippo Sensi, esperto di social media e di comunicazione politica, curatore del blog NoMFuP e vicedirettore del quotidiano Europa, analizza luci e ombre della strategie social del leader di Scelta Civica e candidato premier, Mario Monti.

Punti a favore del Monti 2.0? E’ la “salita” ad aver preso in contropiede gli osservatori: “E’ una novità non che un politico faccia una chat, ma che la faccia Monti, il presidente del Consiglio uscente, con un certo tipo di caratteristiche. In passato la comunicazione istituzionale di Monti non è stata orientata al 2.0. Si è dovuto attendere mesi prima che ci fosse un profilo Twitter di Palazzo Chigi. Il loden e la sobrietà sono stati messi in gioco nella dimensione comunicativa di Twitter”.

Ma il linguaggio “young”, fatto di “wow” e di punti esclamativi, usato recentemente non contrasta troppo con l’immagine di sobrietà data dal Professore? “Credo che la necessità faccia virtù. Certo – sottolinea Sensi – ci sono degli elementi che possono essere letti come un cortocircuito. Mi pare di capire che la sua campagna elettorale sia incentrata poco sul territorio e molto sulla tv e sulla Rete. Ciò dipende anche dal fatto che il suo è un movimento appena nato, perciò piuttosto che girare di paese in paese, la strategia di Monti è più orientata ad intercettare l’elettorato sulla Rete”.

E lo ST., lo staff del Professore? “Ne fanno parte l’entourage che lo ha aiutato in questi mesi a Palazzo Chigi e delle professionalità che vengono da Scelta Civica. Monti – prosegue Sensi – può inoltre contare su consulenze di agenzie specializzate come Hagakure (che si occupa di progettazione e gestione di community sui Social Media), Proforma (che ha lavorato sul simbolo di Scelta Civica), e Red Cell (gruppo Wpp). Quella di Monti può essere definita una ‘guerra lampo’ comunicativa, in cui il Professore ha tolto il loden e si è messo l’elmetto. Per un anno le sue annotazioni biografiche sono state racchiuse in una riga. Ora, su Facebook, sappiamo invece quali sono i suoi film preferiti e i particolari della sua vita familiare”.

Ma la battaglia di Monti non si ferma a Twitter e Facebook: “Vuole sbarcare sul maggior numero di piattaforme possibili, comprese YouTube, GooglePlus e Videoforum, come ha spiegato l’ex direttore del Tempo, Mario Sechi. Rispetto alla rigidità iniziale, la costellazione sociale che ruota attorno a Monti sta ingranando, a differenza di quanto è successo per il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, che ha invece mostrato subito le sue conoscenze di questi meccanismi, e per il ministro per la Coesione, Fabrizio Barca”.

E’ possibile fare un paragone tra la campagna elettorale sui social network dei candidati italiani e del presidente Usa Barack Obama? “Si tratta di dimensioni, storie e Paesi diversi”, risponde Sensi. Ma in un modo o nell’altro, sia Monti che Bersani mostrano punti di contatto con la partita condotta dal presidente statunitense sui social network. “La strategia di Monti è orientata alla rete e alla tv, così come quella di Bersani. Ma, d’altra parte, il segretario del Pd intende anche mobilitare sul territorio tra i 70 e i 100 mila volontari, nelle quattro regioni in bilico, per contrastare l’idea di una campagna disincarnata, avvicinandosi così al modello obamiano di una mobilitazione porta a porta. Cerca quindi di portare a frutto sul territorio quello che semina in rete”, conclude Sensi.

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