Che ne è dell’Unione europea a sessant’anni dalla ratifica dei Trattati di Roma che la istituirono? “L’Unione Europea è sempre più lontana dai cittadini: ha perduto la dimensione sociale, che pure era parte del disegno originario, sopraffatta da un’impostazione che fa del mercato un feticcio, anziché uno strumento per il progresso sociale”. Le parole sono di
Giovanni Ferri, professore di Economia alla Lumsa, che appigliandosi al disamore dei cittadini per l’Ue e all’ascesa dei partiti populisti che ne deriva, arriva a profetizzare la disintegrazione di tutta la struttura.
Quindi non è più così assurdo pensare alla fine dell’Ue?
Non lo è. E non si può più parlarne in termini di convenienza economica: tutti conoscono l’enorme costo monetario della disintegrazione. Oggi prevalgono temi come la dignità e l’orgoglio. L’Europa non può essere un’entità astratta ce però lascia soli i Paesi in difficoltà e divide: la visione di un mondo fatto da formiche e cicale non funziona, non ha mani funzionato. E ci avviciniamo a grandi passi alle elezioni…
In Francia l’ascesa di Marine Le Pen è formidabile…
Le Pen ha già annunciato la Frexit. Ma non tutto è perduto: Emmanuel Macron, il candidato indipendente che si presenta come il rottamatore, sta raggiungendo Le Pen nei sondaggi e così in Germania l’alternativa possibile ad Angela Merkel, sembra essere Martin Schultz. entrambi potrebbero riportare l’Europa a una dimensione sociale. L’alternativa esiste.
Cambiare o morire. Giusto?
Sicuramente. E lo dicono i numeri. L’Europa diventa sempre più marginale nel contesto economico mondiale: nel 1820 pesava, insieme agli Usa, il 25% del PIL globale, contro il 50% di Cina e India. La situazione si è invertita nel 19050 quando l’Occidente controllava più del 50% della ricchezza globale e l’Oriente meno del 10%. Nel 2006, poco prima della grande crisi dei mutui subprime, le due aree del mondo sono tornate in equilibrio: ma i movimenti recenti mostrano che la tendenza è a tornare alla situazione del 1820. Secondo le proiezioni nel 2030 l’Europa conterà per l’11% del PIL mondiale, gli Usa per il 14,2%; la Cina per il 28% e l’India per il 11,3%.
L’euro avrebbe dovuto rappresentare un elemento di forza, e invece?
L’euro era stato salutato come salvifico: ci si aspettava un rafforzamento della crescita economica, l’aumento del commercio estero e una bassa disoccupazione. In realtà è stato centrato solo uno degli obiettivi, l’aumento del commercio estero: mentre il PIL dell’Europa è cresciuto meno che negli Usa e la disoccupazione è decisamente più alta.
Perché non ha funzionato?
Ci si aspettava che l’euro avrebbe attivato meccanismi di convergenza: cioè che i Paesi deboli sarebbero diventati più simili a quelli forti invece è stato il contrario e ha intensificato le divergenze. C’è stata una insufficiente mobilità dei lavoratori dai Paesi deboli a quelli forti. Altra condizione necessaria che non si è verificata è la flessibilità dei salari: si dovrebbero ridurre quelli dei Paesi deboli e aumentare di più quelli dei Paesi forti. Mentre, in realtà c’è stata una crescita dei salari più bassa nei paesi forti che in quelli deboli e se in Germania i salari sono cresciuti molto meno rispetto al resto d’Europa è stato devastante per il resto dell’Europa perché la Germana è diventata ancora più competitiva.
E la crisi greca c’entra qualcosa?
La crisi greca è stata affrontata nella maniera peggiore possibile: con la scelta folle dell’austerità fiscale in mezzo a un disastro economico. L’Europa non cresce perché non c’è abbastanza spesa pubblica: i privati fanno fatica a investire, c’è bisogno di un intervento compensativo dello Stato che crei domanda e posti di lavoro.
Neppure l’Unione bancaria che è stata realizzata nel 2014 ha aiutato…
No, perché non è stata realizzata. L’Unione bancaria doveva avere tre gambe: un meccanismo unico di vigilanza che è entrato in funzione, un secondo meccanismo di risoluzione delle banche che è insufficiente e un meccanismo unico di assicurazione sui depositi, che non c’è affatto. L’Unione bancaria incompleta e destabilizzante è all’origine della crisi sistemica iniziata in Italia con le banche del centro Italia (Marche, Etruria, CariChieti e CariFerrara) risolte a novembre 2015.
Quindi è veramente tutta colpa dell’Europa?
Se esiste un’unione e un Paese è in crisi, non ha senso lasciare quel Paese solo a risolvere le sue grane. Viene meno il senso dell’Unione, è un tradimento a chi questa Europa l’aveva immaginata e progettata.