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Giannino ricorre a qualche dose di complottismo?

Rivelazioni, critiche e qualche dietrologia. La scintillante e solitaria campagna elettorale di Oscar Giannino alla testa di Fare per Fermare il Declino ora quasi scatona in toni complottistici che vanno contestualizzati.

Ecco quello che l’intellettuale liberista ha detto stamattina a Rtl 102,5: Mario Monti “mi ha chiamato e mi ha detto che alcuni non mi volevano: Montezemolo. Ho avuto l’impressione, e l’ho anche detto al presidente del Consiglio quando l’ho incontrato, che chi vuole la concorrenza sui treni non la vuole nella concorrenza politica e ho anche aggiunto che chi è a busta paga di Montezemolo e sceglie candidati ha conflitto d’interessi”.

Dunque il liberista Giannino critica indirettamente la concorrenza di Ntv sull’Alta velocità alle Fs. E’ una novità. Non è una novità, invece, la scarsa sintonia che c’è da anni tra Montezemolo e Giannino. Infatti da anni, forse da decenni, il presidente della Ferrari e l’ex direttore del quotidiano Libero Mercato e già firma economica del Foglio Quotidiano sono su posizioni opposte. Non per questioni calcistiche né ferroviarie, ma perché hanno avuto spesso visioni differenti ad esempio, ma non solo, sulla concertazione e sul rapporto con la Cgil: rapporto coltivato e mai troppo bistrattato da Montezemolo e invece stimmatizzato da Giannino, anche nella sua veste di commentatore e di consigliere dell’ex presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Così come Giannino è stato un estimatore e sostenitore della presidenza confindustriale di Antonio D’Amato, a differenza di Montezemolo e del Lingotto.

Insomma, per gli addetti ai lavori non è davvero una notizia arguire che Giannino ha sempre avuto pessimi rapporti con Montezemolo e l’entourage di Montezemolo; e viceversa. E anche con la galassia imprenditoriale e mediatica che fa capo alla Fiat è da sempre invisa al torinese Giannino.

Il quale, però, stamattina è ricorso a una qualche dose di complottismo. Ecco la dietrologia odierna: “C’è una pesante orma del problema Fiat irrisolta nella decisione di Monti di candidarsi in quel modo, di affidarsi al presidente della Ferrari, di fare una manifestazione a Bergamo dalla Brembo che è un grandissimo fornitore Fiat. Conosco troppo bene le vicende italiane per non vedere l’orma di un enorme conflitto di interesse”.

“L’orma Fiat-Marchionne-Obama – ha aggiunto Giannino – credo sia molto forte e ne sono preoccupato. Credete davvero che il presidente del Consiglio sia andato a Melfi a dire ‘Da qui riparte la Fiat nuova’ e solo dieci giorni dopo abbiamo appreso che ci sono due anni di cassa integrazione, due anni di cassa integrazione per uno stabilimento cosi’ non si chiedono e ottengono in sei ore. Lo sapeva perfettamente”.

Il leader di Fare per Fermare il Declino, comunque, ha omesso di ricordare che nelle ultime settimane non sono mancate invece fibrillazioni o freddezze. Marchionne, seppure espressamente interpellato, non ha manifestato sostegno per il candidato premier Monti, a differenza di recenti attestazioni di stima per il lavoro svolto dall’economista bocconiano a Palazzo Chigi. E il capo azienda del Lingotto, come svelato in una indiscrezione dal vicedirettore del Messaggero, Osvaldo De Paolini, ha mostrato stupore se non proprio fastidio per una critica di Monti all’annuncio della Fiat della Cassa integrazione nello stabilimento di Melfi.



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