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Come l’Australia ha legalizzato l’aborto

Natasha Fyles

Cade venti a quattro l’ultimo baluardo pro life in Australia. L’assemblea legislativa del Top End, il Territorio del nord, dove le donne potevano accedere all’aborto solo in pochissimi ospedali metropolitani e in circostanze molto limitate, ha approvato il 21 marzo la completa depenalizzazione dell’interruzione di gravidanza e la liceità della pillola abortiva Ru486. Solo quattro i voti contrari: tre di membri indipendenti del parlamento locale e uno del Labor Party, partito di maggioranza. La nuova legge entrerà in vigore il primo luglio, portando il Territorio del nord in linea con la legislazione in vigore in tutti gli stati australiani. La depenalizzazione dell’aborto arriva proprio mentre Papa Francesco è tornato a condannare fermamente, sempre e comunque, l’aborto come omicidio. Di cui sono responsabili anche gli uomini politici che votano a favore di leggi che lo legalizzano.

LA NUOVA LEGGE DEL TOP END

Esultano i sostenitori della legge: con la nuova normativa il Territorio è passato ad avere “da una delle leggi più obsolete, una delle più avanzate del Paese”. Nel dettaglio, la riforma legalizza la Ru486 fino a nove settimane di gravidanza e inoltre prevede che l’aborto chirurgico possa essere praticato in tutte le cliniche e non solo, come avviene oggi, negli ospedali delle due principali città. In precedenza, le donne in aree remote dovevano percorrere centinaia di chilometri per recarsi a Darwin o Alice Springs per ottenere l’aborto chirurgico. Le nuove misure garantiscono una certa – per qualcuno limitata – libertà di coscienza ai medici obiettori. Possono infatti rifiutarsi di interrompere una gravidanza o prescrivere la pillola abortiva, ma sono costretti a indicare un altro medico non abortista. Vengono inoltre istituite delle “aree di sicurezza” all’esterno delle cliniche nelle quali sarà impedito agli attivisti pro life di manifestare. Vietato manifestare ma anche pregare in silenzio entro un raggio di 150 metri dagli ospedali dove si praticano interruzioni volontarie di gravidanza, come ad esempio già avviene nello Stato di Victoria.

IL DIBATTITO

Dopo il voto, il ministro della Salute Natasha Fyles (in foto) ha commentato: “Ora tutte le donne del Territorio hanno il diritto al controllo sulle proprie vite e l’accesso a servizi di alta qualità”. La legge è stata approvata con un ampio sostegno bipartisan. Quattro deputati, tutti uomini, si sono opposti. Tre indipendenti e un solo laburista (partito di maggioranza nel Top End), Gerry McCarthy. Cattolico, McCarthy ha detto di non riuscire a sostenere la legge, anche per i rischi legati all’aborto farmacologico a distanza offerto dalla Ru486. Da un paio d’anni, infatti, la Fondazione Tabbot ha organizzato per tutta l’Australia un sistema di consegna a domicilio della pillola abortiva, “per rendere l’aborto più accessibile e più affidabile”. È sufficiente chiamare un numero di telefono e attendere il corriere postale. Nel voto non ha trovato espressione la voce delle donne Yolngu, una tribù aborigena del nord-est. Il parlamentare indipendente Yingiya Mark Guyula ha sostenuto che loro non volevano la nuova legislazione perché “avrebbe incoraggiato la filosofia del sesso libero”. E ha scandito: “L’aborto non è veramente necessario nella nostra società, perché un bambino nato in qualsiasi circostanza (anche attraverso l’incesto) può essere adottato in una vera e propria famiglia”.

CATTOLICI IN ZONE REMOTE

La maggioranza del Territorio del nord è di origine europea (68,4%). Il 32% sono indigeni australiani, anche se la metà dell’intero Top End appartiene a loro. I cristiani sono oltre la metà della popolazione. Il 20% di loro si professano cattolici. È la principale confessione religiosa del territorio, comunque inferiore a quanti si dichiarano atei o agnostici (il 22%).

IL RUOLO DELL’AUSTRALIAN SEX PARTY

Il risultato ottenuto dagli abortisti nel Top End è stato influenzato anche dalla campagna portata avanti dall’Australian Sex Party, una formazione politica nata nel 2009 che ha come obiettivo contrastare l’influenza della religione nella politica. Molto attivo nello Stato di Victoria, oltre che per l’aborto si batte per la liberalizzazione di eutanasia, droghe leggere, eutanasia e contro qualsiasi agevolazione fiscale alla Chiesa.

IL GOVERNO E IL SOSTEGNO ALLE ONG ABORTISTE

Nel mese di febbraio il ministero degli Esteri australiano Julie Bishop si era affrettata a confermare il finanziamento federale all’agenzia Planned Parenthood che sostiene le pratiche abortive all’estero. Il governo fornirà 9,5 milioni di dollari australiani (7,5 milioni di dollari Usa). Chiara risposta al blocco dei finanziamenti a tutte le ong pro-abortiste firmato a inizio mandato da Donald Trump. L’Australia non è l’unica a coprire il ritiro dei finanziamenti voluto dal presidente americano. Concorrono tra l’altro al finanziamento globale dell’aborto i Paesi Bassi, Canada, Svezia, Danimarca, Belgio, Lussemburgo, Finlandia e Capo Verde. Paesi Bassi, Belgio e Danimarca hanno già promesso un finanziamento complessivo intorno ai 30 milioni di euro.

PAPA FRANCESCO TORNA A TUONARE CONTRO L’ABORTO

“L’aborto come volontà di eliminare un essere umano è sempre un omicidio, e non deve essere confuso con le pratiche mediche accettate per salvare una vita”. Così si è espresso Papa Francesco un mese fa, ricevendo i vescovi del Cile in visita ad limina. A riportare i dettagli della conversazione, il segretario della Conferenza episcopale cilena, monsignor Fernando Ramos, in una intervista concessa al quotidiano Mercurio. Nello stesso incontro, Francesco ha parlato degli uomini politici cattolici che votano a favore delle leggi pro aborto. Se cattolici, ha insistito il Papa, “non possono ricevere la comunione, e bisogna aiutarli affinché non continuino a commettere peccato”. Da arcivescovo di Buenos Aires, Bergoglio fu durissimo con l’attuale presidente argentino Mauricio Macri quando da governatore legalizzò gli aborti in città. “L’aborto – tuonò l’arcivescovo nel 2012 – non è mai una soluzione. Quando si parla di una madre incinta parliamo di due vite, entrambe vanno rispettate e tutelate”.


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