Grazie all’autorizzazione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo il commento di Edoardo Narduzzi apparso sul numero odierno del quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.
Potrà sembrare incredibile ma nel 2012, anno di collasso sistemico delle banche iberiche, il Pil spagnolo si è contratto molto meno di quello italiano: -1,6 contro il -2,4%. Il 33% in meno se misurato sui dati italiani e addirittura il 50% meglio se si prende per base il Pil di Madrid. Perché? Perché nel 2012 l’economia italiana è stata la peggiore dell’eurozona Grecia esclusa? La risposta è molto semplice: perché l’Italia, tranne per le pensioni, continua a rinviare le riforme indispensabili per restare allineati con la globalizzazione.
Il presidente della Bce, nell’estate del 2011, con la sua lettera era entrato nello storico problema della legislazione del mercato del lavoro italiano suggerendo addirittura i dettagli delle riforme da adottare: meno rigidità nelle norme sui licenziamenti dei contratti a tempo indeterminato, interventi sul pubblico impiego, superamento del modello attuale imperniato sull’estrema flessibilità dei giovani e precari e sulla totale protezione degli altri, una contrattazione aziendale che incentivi la produttività.
Neppure lo spread a quota 550 ha ottenuto un effetto riformista; neppure la minaccia rappresentata per il benessere collettivo e per le future generazioni da un costo del debito insostenibile. L’Italia rimane un Paese non facilmente liberalizzabile.
Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna il mercato del lavoro lo hanno riformato. In Grecia il tecnico Papademos ha fatto approvare una riforma di totale liberalizzazione del mercato del lavoro con il taglio del 20% del salario minimo. In Portogallo, il Premier Pedro Passos Coelho, è riuscito addirittura a far votare un taglio delle ferie per 3 giorni ed ad introdurre la possibilità di far lavorare i dipendenti fino a 150 ore all’anno senza retribuzione. In Spagna il governo di Mariano Rajoy ha introdotto un’unica forma di contratto a tempo indeterminato nelle aziende con meno di 50 addetti, prevedendo, contemporaneamente una totale liberalizzazione dei licenziamenti.
Inoltre, i contratti di impresa prevarranno su quelli nazionali o regionali, che alla loro scadenza saranno validi solo per altri due anni. L’Irlanda, infine, ha oggi post crisi il mercato del lavoro più flessibile nell’eurozona.