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I candidati premier sono avvisati. Sarà la credibilità a farci uscire dalla crisi

Riduzione del debito pubblico, lavoro, bassa inflazione. Ecco su cosa dovrà puntare l’azione del prossimo governo. Ma soprattutto, sarà la sua credibilità nei confronti dei mercati e dell’Ue la condicio sine qua non per la ripresa del Paese. E’ quanto sottolineato dal Rapporto di  Congiuntura ref, Periodico di analisi e previsione.

“La svolta della Bce ha attenuato molto le tensioni e lo spread ha registrato una contrazione significativa; le quotazioni della materie prime si sono stabilizzate dopo un periodo di crescita; il recente avvio di una fase di ripresa degli indicatori congiunturali europei, pur appena accennato, è una premessa positiva alle tendenze che si materializzeranno nel corso dell’anno”, si legge.

“Naturalmente – si evidenzia nel rapporto – questo non è sufficiente per ritenere superata in maniera definitiva la crisi dell’economia italiana. Innanzitutto perché la nostra base produttiva è giunta stremata alla fine del 2012, con il sistema delle imprese che, al di là di alcune eccezioni, non appare nelle condizioni di avviare una nuova fase di investimenti, ma anche perché siamo ancora lungi dall’avere modificato l’intonazione della politica di bilancio e le condizioni di accesso al credito dell’economia. La base della politica economica italiana deve essere costituita dall’obiettivo di abbassare i tassi d’interesse”.

Il focus sui tassi d’interesse
Un livello dei tassi d’interesse disallineato dal tasso di crescita dell’economia “semplicemente non è sostenibile nel lungo periodo, e questo comporta che a tali condizioni non è sostenibile la permanenza dell’Italia nell’euro. Un ritorno del livello dei nostri tassi d’interesse sui valori dei partner europei determinerebbe in alcuni anni una diminuzione della spesa pubblica, riducendo quindi il grado di restrizione fiscale, e migliorerebbe gli attivi delle banche, riducendo il grado di restrizione creditizia”.

Obiettivo credibilità per il prossimo governo
Per ottenere una riduzione ulteriore e permanente dei tassi d’interesse, “un punto essenziale è quello della credibilità dell’azione della nostra politica economica. Nessun Governo potrà permettersi di proporre piani di rientro non realistici, dovendo rendere conto ai mercati e alle istituzioni europee (dato soprattutto il ruolo cruciale svolto dalla Bce nella riduzione degli spread). Un punto fondamentale – prosegue – sarà rappresentato dalla capacità del prossimo Governo di generare aspettative di aumento del tasso di crescita dell’economia. Per fare ciò occorre uno shock positivo sulla produttività della nostra economia. Quindi conta non solo la capacità di adottare misure strutturali a sostegno dello sviluppo, cosa di per sé già complessa, ma anche, dati i tempi lunghi secondo cui queste misure esplicano i propri effetti sullo sviluppo, di generare un clima di aspettative favorevoli sui mercati in relazione alle potenzialità di crescita del nostro paese, e quindi alla sostenibilità dei nostri conti pubblici”.

La domanda per investimenti
Anche la domanda per investimenti espressa dalle imprese italiane sta attraversando un momento di intensa debolezza. “Nei primi tre trimestri del 2012 gli investimenti in macchinari e mezzi di trasporto sono crollati bruscamente, e in pochi mesi la spesa è tornata al di sotto dei minimi toccati all’inizio del 2009; la caduta è stata particolarmente veloce tra fine 2011 e inizio 2012, ma è proseguita anche nei trimestri centrali dell’anno appena concluso, seppure a ritmi più contenuti La produzione industriale è scesa quasi ai livelli minimi storici toccati durante la crisi del 2009; nel giro di un quadriennio, l’industria italiana è stata così interessata da un double dip, che ha intaccato pesantemente il potenziale produttivo, con la chiusura di impianti e fallimenti di aziende, ovvero perdite strutturali che colpiscono in maniera permanente il sistema produttivo, indebolendolo ulteriormente”.

L’inflazione
L’avvio di una fase di discesa dell’inflazione potrebbe contribuire a rendere il 2013 “un anno meno sfavorevole per le famiglie dal punto di vista del loro potere d’acquisto. La discesa del tasso d’inflazione è di circa un punto percentuale, dal 3% del 2012 a tassi sotto il 2%”.

Il mercato del lavoro
D’altra parte, la dinamica salariale nel 2012 si è portata su ritmi di crescita bassissimi, intorno all’1%, “un valore cui hanno contribuito in misura sostanziale gli andamenti osservati nel settore pubblico. In prospettiva non dovremmo osservare una ulteriore decelerazione anche perché dinamiche leggermente crescenti dovrebbero essere garantite dai rinnovi contrattuali. In ogni caso, non va escluso che le pressioni della crisi sul mercato del lavoro possano tradursi in un ulteriore arretramento della crescita salariale nelle imprese del privato. A rischio appaiono i salari nei settori manifatturieri dove la crisi è profonda, mentre sino a tutto il 2012 la dinamica dei salari di fatto è rimasta intorno al 2%”, conclude il Rapporto.

 


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