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Sorprese geopolitiche: bilancio 2012 e previsioni 2013

Non tutto ciò che sembrava plausibile è realmente accaduto. Storia di un anno di fatti (e non fatti) internazionali

Tempo di bilanci, e anche di qualche previsione per chi si esercita nel mestiere delle analisi internazionali, con la speranza di intravedere trend e eventi del prossimo futuro.
Per Louise Arbour, presidente dell’International crisis group, la grande sorpresa del 2012 è stata l’incapacità del Consiglio di sicurezza Onu di dare una risposta alla crisi umanitaria siriana.

Per Michael Brzoska, politologo ed economista del centro di ricerca sulla pace dell’Università di Amburgo, la maggiore sorpresa è stata la mancanza di nuove rivolte anti-regime ispirate dalla Primavera Araba, che in fondo è rimasta confinata a pochi Paesi: Egitto, Libia e Tunisia. Forse, riflette Brzoska, “la democratizzazione nel 2012 non appare così attrattiva come era due decenni fa”. Il riferimento è alla caduta del comunismo nell’Est europeo. Se è questa la spiegazione, allora c’è da riflettere sulla solidità di “un caposaldo del pensiero strategico occidentale”.

Kishore Mahbubani, preside del centro di formazione politica di Singapore Lee Kuan Yew, il vero “shock” è stato invece il fallimento dell’Asean, segnalato dal mancato comunicato congiunto dopo la riunione di Phnom Phen di luglio. Segno che sta tornando “la rivalità tra grandi potenze nella regione”, dice il professore, con particolare riferimento a Cina-Usa.

Giles Merritt, capo del think tank “Friends of Europe” di Bruxelles cita il fallimento dell’accordo Eads-Bae in campo aerospaziale: sarebbe dovuta essere una tappa fondamentale del consolidamento militare europeo, e invece finirà col rappresentare “il momento in cui la Commissione ha riconosciuto apertamente di essere poco più di un segretariato dei governi Ue”.

E per il 2013?
Mentre Mahubani prevede che la crisi dei rapporti sino-giapponesi segnerà in profondità gli eventi del 2013, per gli altri analisti è un plebiscito: le maggiori preoccupazioni verranno dall’Iran. Michael Brzoska indica perfino una data: l’estate di quest’anno, quando un attacco israelo-americano alle installazioni potrebbe portare all’apertura di una crisi regionale capace di coinvolgere “Libano, Israele ed Iraq e forse anche Bahrain ed Arabia Saudita a causa di gruppi pro-iraniani”.


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