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Libere, disobbedienti, innamorate. Le donne arabe in Palestina nella pellicola di Hamoud

libere, disobbedienti, innamorate

Debitrice delle serie TV americane di culto per il pubblico femminile – Sex and the City tra tutte – il primo film da regista dell’israeliana Maysaloun Hamoud, “Libere, disobbedienti, innamorate”, rimescola tutti i cliché del genere e mette in scena una storia, seppur acerba, capace di raccontare con energia la vita di alcune giovani donne arabe in Palestina che si trovano, proprio come recita il titolo in lingua originale “Bar Bahar” ovvero “a metà”, “in bilico”.

Nella vibrante Tel Aviv, tre ragazze arabo-israeliane, Laila, Nour e Salma condividono un appartamento insieme alle difficoltà di vivere in una società, quella ebraico Palestinese che seppur accettandole non le comprende fino in fondo.

C’è tanto “dating” e “flirting” nel film, ma qui non ha l’effetto spiacevole di tanti chick-flick americani, perché l’amore è il vero cardine del film. Come trovare un compagno adatto in un ambiente dove si è considerate come diverse?  Le ragazze, animate da una genuina voglia di vivere, ci provano, spesso con risultati deludenti ma continuando a lottare per il loro diritto alla felicità e ad un pizzico di frivola libertà che a vent’anni non dovrebbe far paura a nessuno.

Anche se nella seconda parte perde la vibrante verve del primo atto e si appanna cercando di trarre una conclusione forse troppo grande per la premessa, il film si vede con piacere, forse perché ci fa simpatia un cinema arabo con protagoniste donne giovani, a volte scorrette e un po’ – liberatoriamente – mignotte.

In effetti, è interessante assistere alla nascita di una cinematografia femminile nel mondo delle pellicole arabe che spesso risultano maschio-centriche e un po’ trombone. Pennellate leggere che rimandano al cinema americano ma che lo rimpastano e creano qualcosa di originale nel panorama mondiale. Un fenomeno veramente recente, infatti per parlare del “vecchio” questa volta non bisogna andare poi così indietro nel tempo.  Nel 2016 Mustang della regista turca Deniz Gamze Ergüven ha spiazzato proprio tutti al festival di Cannes per la controversia e la dolcezza disincantata dei temi trattati.

Anche qui la regista pare quasi prendere spunto da un cult made in USA, l’esordio di Sofia Coppola “Il giardino delle vergini suicide”.  La premessa è uguale, cinque sorelle adolescenti costrette a vivere segregate in casa da una famiglia che non le vuole veder crescere. Ma il film turco si distacca subito da quello della Coppola per diventare più crudo e reale.

Le protagoniste, descritte con sensibilità dalle sceneggiatrici, vivono un’ estate di tormento, aspettando i rispettivi matrimoni combinati come se il loro futuro altro non fosse che una condanna decisa anni prima della loro nascita. Delle “casalinghe di massima sicurezza” come scherza Lale, la più giovane e più sveglia del gruppo, che travolte dalla tradizione vengono costrette a strozzare la loro nascente femminilità.

Ma in Mustang come in “Libere, disobbedienti, innamorate” la forza della femminilità regala sempre una speranza, e i finali di entrambi film suonano come delle vere e proprie esortazioni alle donne: agire, cambiare e non abbattersi mai. Anche se, ancora troppo spesso, ci si sente “in bilico”.

Libere, disobbedienti innamorate, Maysaloun Hamoud, in uscita il 6 aprile

Mustang, Deniz Gamze Ergüven, 2015



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