Nessuna lista dei Cinquestelle a Genova e una causa per diffamazione. È lo scenario tracciato da Mauro Suttora, giornalista e scrittore ed ex iscritto M5S della prima ora, su quel che accadrà nel capoluogo ligure dopo che il tribunale del capoluogo ligure ha dato ragione a Marika Cassimatis: annullate le delibere che la escludevano dalla corsa alle elezioni comunali nonostante la vittoria alle “Comunarie”. Il giudice ha pure sospeso il ripescaggio della lista di Luca Pirondini, fino a ieri candidato sindaco pentastellato.
COSA SUCCEDERA’ A GENOVA
Il risultato di tutto questo bailamme è che “non ci sarà una lista del M5s a Genova e che Cassimatis non verrà reintegrata con il simbolo, visto che sono state avviate le procedure per espellerla dal Movimento. L’unica soluzione per avere una lista dei Cinquestelle a Genova è di far scegliere di nuovo il candidato ma dubito che i tempi lo consentano. E al ballottaggio, senza di loro, ci andranno la lista di centrosinistra e quella di centrodestra” spiega Suttora a Formiche.net. Nel frattempo, l’insegnante 51enne “può anche farsi dare un sacco di soldi con la causa per diffamazione che penso farà. Tutti quelli che hanno dato l’anima per il Movimento fin dai suoi primi vagiti fanno della vendetta una ragione di vita quando vengono buttati fuori come è successo nel 2012 con Giovanni Favia (consigliere regionale dell’Emilia Romagna cacciato per aver pronunciato, durante un fuori onda, parole critiche sull’operato di Gianroberto Casaleggio, ndr) e prima ancora con Valentino Tavolazzi (consigliere al Comune di Ferrara e primo “epurato” del M5S, ndr)”. Secondo Suttora, Cassimatis andrà avanti per la strada che conduce a Palazzo Doria-Tursi, sede del Comune, e si presenterà o con la lista Effetto Genova o con qualche lista civica.
I PRECEDENTI
“La conosco personalmente, lei è una delle attiviste della prima ora, anni al freddo e al gelo, trattata come una pedina da Alice Salvatore (portavoce M5S nel consiglio regionale ligure, ndr) – racconta il giornalista -. Da anni in Liguria c’è una lotta tra gli attivisti della prima ora e quelli che sono venuti dopo (Salvatore, come ricorda lei stessa sul suo sito, è attivista del Movimento dal 2012). In fondo è quello che è successo anche a Milano con Gianluca Corrado e Patrizia Bedori. In quel caso alle primarie “confermative” per il Comune di Milano vinse il siciliano dopo il ritiro di Patrizia Bedori (‘Mi avete chiamato casalinga e obesa’ si lamentò, ndr) che fu convinta al passo indietro con la promessa di un un posto in consiglio comunale. Qualcosa di simile è accaduto anche a Roma visto che Roberta Lombardi e Paola Taverna sono lì dal 2007 mentre Virginia Raggi è arrivata nel 2013”. E all’ombra del Marco Aurelio a cavallo si è fatto un gran parlare del rapporto tempestoso tra le due parlamentari e la sindaca capitolina.
M5S E GIUSTIZIA
Altra novità delle ultime ore sul fronte del M5S sembra essere il rapporto con la giustizia. I media hanno notato la presenza alla kermesse di Ivrea, a un anno dalla scomparsa del cofondatore Casaleggio, di Sebastiano Ardita, procuratore aggiunto di Messina. “I grillini erano il massimo del giustizialismo fino all’arrivo dell’avviso di garanzia a Virginia Raggi. Poi si sono resi conto che è stupido pensare di cancellare qualcuno perché ha ricevuto un avviso di garanzia. Ora addirittura si parla di Piercamillo Davigo o di Nicola Gratteri come candidati alla presidenza del Consiglio al posto di Luigi Di Maio, e pure questo Ardita magari un seggio se lo prende. Non escluderei neppure che puntino a portare a Palazzo Chigi Nino Di Matteo, il pm della trattativa Stato-mafia. Come simboli vanno sempre bene, basta che non tocchino loro”. Un tentativo di cambiare rotta lo si nota anche con la presenza fra i relatori, sempre a Ivrea, di Nicola Bedin. Come ha scritto Suttora in un articolo apparso su Lettera 43, l’amministratore delegato dell’ospedale milanese “San Raffaele” nel 2015 è stato coinvolto in un’indagine della procura di Milano per una presunta maxitruffa da 28 milioni ai danni del servizio sanitario nazionale. Al momento non risulta né incriminato né prosciolto. In quell’occasione le parlamentari Giulia Grillo e Paola Taverna presentarono un’interrogazione per chiedere alla ministra della Salute Beatrice Lorenzin di “sciogliere il consiglio d’amministrazione del San Raffaele e interdire gli indagati”. Il problema, spiega il giornalista, è che “come diceva Gandhi paragonando il seme al mezzo e il fine all’albero, il seme sta nell’albero, senza l’uno non c’è l’altro. Perciò il fine non giustifica i mezzi. Ormai non c’è più legalità all’interno del Movimento e non basta la sola fiducia a Grillo pur di andare avanti. In pratica, le regole possono essere aggirate tanto alla fine decide il capo. Continuando così al governo portano un albero bacato. E lì continueranno a fare pasticci. Stavolta su scala nazionale”.