In Italia sono oltre 1.100 (1.152) gli impianti pericolosi sparsi su tutto il territorio, dalla Lombardia alla Sicilia. I comuni a maggior rischio per la contaminazione di suolo, acqua e aria in caso di incidente sono 739. E’ questa l’Italia delle industrie pericolose raccontata dal rapporto “Ecosistema rischio industrie” messo a punto da Legambiente insieme con Protezione civile, da cui emerge che, oltre alla “ancora insufficiente informazione fornita ai cittadini”, nelle aree più esposte a danni si trovano anche scuole e ospedali.
Legambiente ha costruito il rapporto basandosi sulle risposte che le amministrazioni comunali hanno dato ad alcune domande. Tra i comuni che ospitano impianti pericolosi hanno risposto 211 comuni (29%); tra questi non compare Taranto che, secondo Gabrielli, “non ci risulta essere un comune non implicato”. Il rapporto parla di “informazione insufficiente ai cittadini sui rischi e sui comportamenti da tenere in caso di emergenza”: solo 105 comuni (50%) hanno realizzato una campagna informativa per questa fase; esercitazioni sono state svolte in 75 comuni (36%), ma soltanto in 34 sono stati coinvolti i cittadini (16%). Mentre, continuano a esser presenti nelle aree a maggior rischio, definite aree di danno, “37 scuole (nel 18% dei casi), 27 centri commerciali (13%), 16 strutture turistiche (8%), 18 luoghi di culto (8%), 4 ospedali (2%)”. Il 94% dei comuni (198 amministrazioni) ha dichiarato di aver recepito le indicazioni del gestore dell’impianto, così come previsto dalla legge che chiede anche la perimetrazione delle aree circostanti divise in tre zone: di “sicuro impatto”, di “danno”, di “attenzione”.
In 181 (86%) comuni sono state individuate le aree di danno, in cui potrebbero esserci conseguenze su ambiente e salute della popolazione. Dai petrolchimici alle raffinerie la maggior concentrazione di impianti si ha in Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna. Guardando poi i comuni si evince che tra le peggiori situazioni c’è quella di Avellino, Basaluzzo (Al), Castello d’Argile (Bo), Cusago (Mi), Montemarenzo (Lc), Nova Feltria (Rn), San Maurizio d’Opaglia (No), Savona, Visco (Ud).
“I comuni – spiega Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente – hanno il compito fondamentale di fare da raccordo tra la pianificazione urbanistica e la presenza di insediamenti a rischio d’incidente rilevante; spetta loro l’informazione ai cittadini”. Per Simone Andreotti, responsabile Protezione civile di Legambiente, è di “fondamentale importanza che tutti facciano la propria parte per rispettare la legge. Alla base della normativa sulla mitigazione del rischio industriale c’è la direttiva Seveso”.
Per il capo della Protezione civile Franco Gabrielli quello che “preoccupa di piu” è che “siamo un Paese poco sensibile a questi temi: siamo in una sorta di limbo; quello che mi allarma è la mancanza di consapevolezza, perché è quella che rende la gente esigente. C’è spesso una perversa deresponsabilizzazione” ossia “un atteggiamento sbagliato che è quello di chi dice ‘speriamo che non accada’. Serve una battaglia culturale fino a che questi argomenti non saranno vissuti come prioritari; a quel punto anche la politica seguirà l’opinione pubblica. Serve la diffusione di una cultura di protezione civile”.