Riceviamo e pubblichiamo
Considero fisiologico che Formiche.net, periodico di cultura cattolica, dia spazio alle critiche circa l’approvazione alla Camera del disegno di legge 2801 in tema di Consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento sanitario. Ma spero che sia dato spazio anche ad una confutazione di quelle critiche in chiave liberale e laica, nel nome dei criteri cardine del convivere emersi da secolari dati sperimentali, innegabili senza fare regredire la conoscenza. Toccherò due punti.
Il primo è la posizione del filosofo Benedetto Ippolito che attacca la concezione del ddl in quanto legittimazione “suprema della volontà individuale … che assicura alla “libertà” un onere decisionale così largo ed assoluto”. In questo modo, osserva, “ di reale vi è soltanto la libertà, ossia che una persona è tale solo perché si autodetermina…Il punto è che la libertà di cui si accentua in tal modo la portata individualistica non esiste realmente in questa forma in nessun soggetto umano”.
È dunque evidente che Ippolito si oppone alla libertà quale metodo individuale di convivenza civile, il che, a parte gli effetti sul vivere insieme e l’apoditticità delle parole finali, è una convinzione legittima da misurare nei fatti. Solo che Ippolito inizia subito dopo a distorcere il senso della libertà individuale, partendo sì da asserzioni perfino ovvie (“La libertà concreta si sviluppa dentro la vita e non al di sopra di essa. Nel suo essere è la possibilità di conoscere e decidere di sé alcune cose, ma non tutto”) ma per compiere subito una drastica virata (“la salute e il dolore non dipendono per nulla da quello che desideriamo e vogliamo,…. sicuramente non decidiamo come e quando nascere, e perciò non possiamo decidere come e quando morire”) introducendo poi quasi distrattamente (“ possiamo essere uccisi dalla libertà altrui e possiamo uccidere gli altri con la nostra libertà e possiamo anche decidere tragicamente di suicidarci…questi atti sono possibili, ma non sono eticamente giustificati e giustificabili…”) una impostazione dalle conseguenze dirigiste, cioè che sovrappone alla libertà individuale nel conoscere l’etica avulsa dal concetto di individuo e di sperimentazione. Tanto è che Ippolito conclude “ questa legge è sbagliata perché assolutizza in modo utopico un’idea falsa di libertà che non produce nulla… Il biotestamento è il risultato … di una civiltà che opta per non capire il senso ontologico e metafisico della libertà: un materialismo .. che segnala una totale rottura … con l’intera storia dell’umanesimo occidentale”.
Una simile conclusione non corrisponde ai fatti reali (somiglia al dire che i ridottissimi rischi del vaccinarsi prevalgono sui grandissimi vantaggi). La legge sul biotestamento non impone nulla, si limita ad applicare l’idea concretissima di affidare al cittadino la libertà di scelta sulla propria salute invece che alle scelte di qualche casta, seppur di alto livello. Vale a dire l’esatto opposto della verità utopica e in particolare di quell’ossimoro logico della cosiddetta libertà di riconoscere la verità. Insomma, la legge in questione è un’idea concreta di libertà operativa, che ha prodotto tantissimo e non è per niente falsa e metafisica. Il suo carattere deriva non da teorie o concezioni personali, bensì da secoli di esperienza vissuta e dagli sforzi umani per conoscere a passo a passo.
Anzi, sarebbe questo il senso delle parole iniziali di Ippolito “la libertà concreta si sviluppa dentro la vita”. Ma lui scrive che il ddl 2801 è una totale rottura con l’umanesimo occidentale, mostrando un assoluto determinismo impositivo, contrario al metodo della falsificazione (e quindi del tutto antiscientifico). E inoltre la non consapevolezza degli sviluppi dell’umanesimo occidentale, inseparabile dalla centralità umana e perciò arrivato a scoprire l’importanza decisiva della diversità individuale per conoscere sempre di più i meccanismi della realtà. Perciò si deve riaffermare che, senza tale umanesimo, arretrano le condizioni di vita di una società.
La seconda confutazione delle critiche al ddl sul biotestamento, riguarda il Convegno del Centro Studi Livatino. Il Prof. Gambino, Presidente di Scienza e Vita, ha lì sostenuto che prevedere l’interruzione del trattamento equivale a metter fuori dal sistema sanitario coloro che vorrebbero continuare a vivere ma, con il nuovo sistema, non avrebbero più il medico che li assiste, quindi diverrebbero un peso sociale e indotti a farsi da parte. Ma il ddl 2801 non prevede una interruzione di trattamento contro la volontà del paziente. E fare gli untori della paura dell’esclusione sociale non è davvero un esempio di razionalità civile (come del resto la denuncia di una insussistente attenzione ipertrofica sul consenso informato oppure il richiamo allo spauracchio dell’eutanasia di cui il ddl non tratta). Allo stesso Convegno, l’ex sottosegretario Mantovano ha criticato il richiamo del ddl all’art. 13 della Costituzione (“la libertà personale è inviolabile”) e si è preoccupato per il futuro dei sanitari.
Le nuove norme sarebbero uno spartiacque per la professione: i medici potranno venire attaccati per le scelte di cura e il diverso rapporto con il paziente indebolirà il libero esercizio professionale. Invece va ribadito che il richiamo è ineccepibile dal momento che la gestione del proprio corpo non spetta a nessun altro con la scusa della di lui maggior preparazione tecnica sui meccanismi corporei. Non riconoscere con artifizi vari che siffatta gestione tocca al cittadino interessato, significa restare ad una concezione passatista restia a considerare l’individuo l’elemento centrale della vita. Non esiste alcun spartiacque per la professione medica. Un medico è sempre stato un supporto forte per consentire di vivere la vita che ciascuno sceglie. Purché il paziente accetti la terapia. Al medico non spettano funzioni sostitutive della volontà del paziente, che, prive del consenso, sono inaccettabili in una società libera da privilegi castali all’autorità di esperti. Le corporazioni si sono dimostrate una via inadatta allo sviluppo civile, appunto perché la libertà concreta si sviluppa entro la vita diversificata e variabile della convivenza tra i cittadini individui, verificabile attraverso i risultati ottenuti. E l’impianto del ddl 2801, a parte dettagli limabili, nel complesso corrisponde bene a queste esigenze di libertà.