Chi sia il corpulento capo del partito cristianodemocratico (Csu) Horst Seehofer, un pezzo d’uomo, alto 1,93 metri, non lo sanno solo i bavaresi, visto che è anche il loro governatore, o più in generale i tedeschi. La sua fama va ben oltre i ristretti confini nazionali. E questo perché Seehofer è da sempre la spina nel fianco di Angela Merkel, una spina che, con da un paio d’anni a questa parte, e più precisamente dall’arrivo in massa dei profughi nel settembre del 2015, si è trasformata in quello che gli inglesi chiamerebbero (poco elegantemente, ma in questo caso particolarmente appropriato) “a pain in the ass”.
La questione dei profughi sembra aver avuto su questo politico 67enne, innamorato dei trenini (motivo per cui a casa sua ha una stanza dedicata alla sua locomotiva elettrica) un effetto corroborante, energizzante, ringiovanente. Già, perché cinque anni fa, dopo le ultime elezioni parlamentari, aveva annunciato che nel 2018 avrebbe fatto un passo indietro, avrebbe passato il testimone alle leve più giovani. Ora, invece, ci ha ripensato.
La notizia di questo ripensamento era già trapelata questa domenica, mentre è stata ufficializzata il giorno dopo nel corso della riunione dei vertici della Csu. Per il suo ex delfino nonché ministro delle Finanze bavarese, il 50enne Markus Söder, si è trattato di una pessima notizia. Söder da tempo mira a essere il suo erede, e avrebbe anche ottime chance per diventarlo. Negli ultimi anni non ha tralasciato occasione per mettersi in luce, cercando di tanto in tanto di mostrarsi ancora più severo del governatore o contraddicendo, giusto per far vedere che ragiona con la propria testa. Questi tentativi di emancipazione non sono però piaciuti a Seehofer. Tant’è che, a voler credere alle chiacchiere di palazzo (soprattutto di quelli bavaresi, da sempre coulisse di lotte per il potere, particolarmente accese e intriganti) il governatore sarebbe tornato sui propri passi proprio per impedire a Söder di prendere il suo posto.
Se però così fosse, ragiona la Süddeutsche Zeitung che ha sede a Monaco, dunque nel cuore del potere bavarese, la decisione andrebbe letta anche come un’ammissione, per quanto indiretta, di fallimento. Fallimento, per non essere riuscito, come invece aveva promesso cinque anni fa, di impegnarsi per un passaggio ordinato del testimone.
Il fatto è che Seehofer è uomo erratico e ambizioso, e al tempo stesso, politico assai utile alla Cdu, cosa che Merkel sa bene. Altrimenti non l’avrebbe lasciato salire sulle barricate erette dopo l’estate del 2015, non gli avrebbe perdonato la ramanzina-sgarbo, molto spiacevole per lei, al congresso della Csu nel novembre del 2015. Allora Seehofer, dall’alto del pulpito le disse chiaramente che né lui, né la Csu avrebbero mollato sulla richiesta di fissare un tetto massimo all’ingresso dei profughi nel paese. L’applauso dei delegati era stato scrosciante, mentre Merkel, in piedi accanto a lui sul palco, pareva una scolara ripresa dal maestro. E non gli avrebbe nemmeno perdonato l’invito di fatto dal governatore al primo ministro ungherese Viktor Orbàn.
Diversamente dal cattolico Seehofer, la Kanzlerin, vera figlia del luteranesimo (il monaco agostiniano davanti alla Dieta di Worms, 1521, rifiutandosi di abiurare alle proprie tesi, disse: “Qui sto io: non posso fare diversamente”) non vuole e non può tornare sui propri passi. Al tempo stesso è però anche consapevole del malcontento che circola da tempo tra la corrente più conservatrice della Cdu. Il capo della Csu da questo punto di vista le toglie dunque le castagne dal fuoco, almeno qualcuna e lei gliene è sicuramente grata.
Seehofer non si vede però come spalla di Merkel. E quando si mette in testa qualcosa non dà pace finché non l’ha ottenuta: per esempio il pedaggio autostradale, con il quale gravare in primo luogo gli stranieri che usano le autostrade tedesche.
Se, dunque, la decisione di restare alla guida del partito è stata da una parte determinata dall’animosità che nutre verso Söder dall’altra ci sono ragioni o ambizioni ancora più importanti. Seehofer guarda alle regionali bavaresi del 2018, dove vuole che la Csu ottenga, come in quelle passate di nuovo la maggioranza assoluta, e non abbia bisogno di coalizzarsi con un altro partito.
Come scrive la SDZ: “Questa volta Seehofer ha deciso di giocarsi il tutto per tutto. Un gioco molto rischioso. Perché se alle politiche di questo settembre il partito non ottenesse un buon risultato, le ipotesi sono due: che Seehofer venga mandato a casa prima oppure che lo si tenga fino alle regionali, per poi, se non andassero come sperato, dare a lui tutta la colpa”.