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Io, giornalista, non bacchetto i colleghi che salgono in politica

Pubblichiamo l’intervista che il direttore di Italia Oggi, Pierluigi Magnaschi, ha concesso alla rivista A sui giornalisti che si candidano

Pierluigi Magnaschi, già direttore per sette anni dell’agenzia Ansa ed oggi direttore di Italia Oggi, quotidiano che dedica ogni giorno, ai media, un intero supplemento (in pratica un giornale nel giornale) è molto attento e informato sui movimenti del settore. Storicamente, da Eugenio Scalfari ad Alberto Della Volpe, da Furio Colombo a Fabrizio Del Noce, i giornalisti italiani sono sempre stati attratti da un passaggio in Parlamento. Perché?

Perché, a un certo punto, il giornalista di razza (non tutti, per fortuna) si stanca di analizzare il quadro politico e i leader che lo animano sgangheratamente e pensa che, sostituendosi ad essi che operano così in malo modo e che, soprattutto, non lo stanno ad ascoltare, lui, al loro posto, potrebbe fare molto meglio e quindi si candida. Sarebbe come se un arbitro di calcio, vedendo che un attaccante lo delude perché non va mai in rete, decidesse di mettersi a giocare al suo posto. Bisogna aggiungere, per rispetto della cronaca, per rispetto cioè di ciò che poi si è sempre puntualmente verificato, che tutte le grandi firme che passano in politica, poi fuggono inorridite da questa esperienza. Spesso anche prima della conclusione del loro mandato. Questo capita però, dicevo, solo per le vere grandi firme, quelle cioè che hanno mercato e che quindi, lasciando il posto in Parlamento (italiano o europeo che esso sia) trovano ancora un posto ben retribuito nei media che hanno lasciato.

In questa campagna elettorale, il Pd schiera Corradino Mineo, Massimo Mucchetti e la Capacchione. Il Pdl Augusto Minzolini e Romana Liuzzo, del Giornale. Lista Civica di Monti candida Sechi, ex direttore de Il Tempo. E Oscar Giannino si candida col suo Fermare Il Declino. Differenze e affinità.

I partiti candidano i giornalisti perché essi, essendo noti, attirano (o si presume attirino) molti voti. Da qui la sensazione, nell’opinione pubblica, che i giornalisti che si sono candidati in questa tornata elettorale siano tantissimi. Invece essi sono, categorialmente, pochissimi. Si contano sulle punta delle dita. Solo gli operai (ne ho individuato, fra gli eleggibili, uno solo) sono meno numerosi. Ma gli avvocati, ad esempio, sono dieci volte tanto. Per non parlare degli insegnanti. Inoltre, se si analizzano i percorsi dei giornalisti che si sono candidati adesso, si scopre facilmente che alcuni, vista la loro età, usano la candidatura al Parlamento come una sorta di scivolo in vista della pensione, visto anche, per esempio, che il loro editore stava scaricandoli dal loro incarico direttoriale. Altri, ipotizzando una modifica dell’assetto proprietario della testata nella quale lavorano, temono di non poter più godere della libertà di cui essi hanno goduto sinora.

In passato, molti, da Santoro a Lilli Gruber a Badaloni, hanno fatto un giro e sono tornati indietro. Di solito in Rai (Gruber a La 7). Un giornalista può tornare indietro dopo essersi candidato per un partito?

Quando possono tornare indietro, trovando quindi un ruolo simile a quello che avevano prima di essersi candidati, i giornalisti tornano sempre indietro felicemente dopo la prima legislatura (e spesso anche prima). Anzi, i giornalisti bravi e parlamentari sono gli unici che non si lamentano se la legislatura si interrompe prima del suo termine naturale. Per un giornalista schierato politicamente, poi, tornare a fare il giornalista, non costituisce un problema. Nè per lui, né per chi lo legge.

E’ giusto equiparare i giornalisti ai magistrati e chiedere a entrambe le categorie, come fa Enrico Mentana, di fare una scelta definitiva?

La comparazione dei giornalisti con i magistrati è del tutto fuori luogo. I magistrati, per professione, debbono, non solo essere, ma anche apparire politicamente neutrali. E quindi, quando si candidano, dovrebbero lasciare la magistratura: a nessuno, comprensibilmente, piace essere processato da un magistrato che ha platealmente delle idee politiche che sono opposte alle sue. Per i giornalisti è diverso, molto diverso. Chi vuol sottrarsi a loro, fa molto presto perché ha delle armi in mano: non acquista il loro giornale o non sta a vedere le loro trasmissioni. Mentre nessuno può sottrarsi al giudice naturale.


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