I sondaggisti avevano parlato di un “effetto Schulz” e di una rimonta importante della SPD a livello nazionale. Dopo le ultime elezioni regionali, però, sembra che non ci abbiano visto giusto.
Vorrei qui prendere le distanze sia da chi aveva preannunciato in gloria una risalita miracolosa grazie all’elezione di Martin Schulz a Presidente della SPD, sia da coloro che ora cantano il de profundis. Le elezioni regionali in Germania sono qualche cosa di molto particolare: le regioni sono Stati e le dinamiche interne e locali hanno un peso notevole sulle scelte degli elettori. Non si votava né la Merkel né Schulz. I giornalisti tendono a sovrapporre le cose in modo semplicistico in questo caso, come accade anche in Italia. Le cose sono certamente connesse, ma personalizzare queste elezioni è un errore. Vero è che la SPD perde consenso a livello locale e questo potrebbe riverberarsi nel voto di settembre, sconfessando quello che avevano definito “effetto Schulz”.
Martin Schulz è stato eletto col 100% dei voti delle delegate e dei delegati della SPD. Ma fuori dalla SPD le cose vanno diversamente. Quando i sondaggisti si erano lanciati in ipotesi coraggiose dando un testa a testa tra Merkel e Schulz, la Merkel non si era ancora esposta e il clima elettorale ancora non si sentiva. Inoltre, alcune vicende locali hanno pesato molto sugli esiti elettorali. Le vicende di Colonia, per esempio, nel Nord-Reno Westfalia, sono rimaste nell’immaginario collettivo come un fallimento dell’amministrazione, che era SPD.
Mesi fa avevo previsto uno scenario di questo tipo: CDU al 35%, SPD al 27%. Ribadisco questa mia ipotesi. Con Schulz la SPD salva se stessa rispetto a quello che sarebbe stato un disastro certo con Gabriel, con cui la SPD non avrebbe superato il 22%. Ma non credevo e non credo che possa essere sufficiente di per sé per battere Angela Merkel, anzi. La distanza però potrebbe accorciarsi di molto se in questi mesi Schulz andrà all’attacco, ma affrontando i temi e non limitandosi a slogan preconfezionati, tipo “più Europa” o “più soldiarietà”. Sono frasi fatte, vuote, vanno spiegate: il problema, come ebbi modo di dire a Schulz stesso a un incontro del nostro gruppo SPD, è che abbiamo perso credibilità in questi anni, per politiche sbagliate a livello nazionale ma soprattutto a livello europeo. Per recuperare credibilità occorre fare proposte che rimettano i valori della socialdemocrazia al centro dell’agenda politica: riconquistare l’elettorato perso è il primo step, conquistare quello disilluso che non vota il secondo e decisivo. Attualmente, gli spostamenti % dei voti sono meri travasi tra un partito e l’altro: i verdi, per esempio, sono quelli che stanno andando peggio dopo i Piraten, movimento ormai in dissoluzione ovunque, disperdendo voti a vantaggio di partiti come l’FDP o la CDU stessa. Ma i non elettori non vengono mobilitati, se non dall’AfD e questo è un dato assai negativo (aggiunta: a livello nazionale il trend sembra essere questo, ma l’analisi dei flussi oggi ci dice che la CDU ha mobilitato anche i non elettori).
I tedeschi vogliono pragmatismo e senso delle cose e Angela Merkel ha sempre rappresentato una certezza: ferma come un Farinata, capace di galleggiare senza mai affondare, da 15 anni al potere e appare, tra tutti i potenti che ci sono stati, l’unica con un profilo chiaro, autorevole, credibile e serio. Mutti resiste e resisterà. Quindi la SPD che può fare?
La SPD ha la possibilità di andare meglio di così, non è detta l’ultima parola. E se in queste regionali i risultati sono stati deludenti, non c’è nessun automatismo: a settembre 2017, per le elezioni federali, molto dipenderà dai candidati (il sistema elettorale tedesco prevede infatti anche una quota di voto a un candidato diretto – prima preferenza – e una seconda preferenza che viene data al partito che presenta una lista di candidati) e da come verrà condotta la campagna elettorale. I temi su cui si giocherà il tutto sono senza dubbio quelli economico-sociali e sulla sicurezza, che in Nord-Reno Westfalia ha pesato molto.
La SPD ha ancora molte carte da giocare e Martin Schulz resta una risorsa importante. Dovrà però dimostrare di aver preso seriamente la cosa, l’idea iniziale è che abbia dato per scontato di vincere. In realtà è stata la narrazione giornalistica a far passare questa idea. Schulz ha ben chiare le difficoltà. Bisogna passare ora alla fase due: non basta avere un leader carismatico per vincere, occorre anche fare una campagna capillare sui territori, includere le persone, parlare dei loro problemi concreti e fare proposte credibili. E questa cosa dovrebbe essere un avvertimento anche per noi, in Italia. Non sediamoci sugli allori. Le incognite sono troppe: sia per dire che andrà bene, sia per dire che andrà male.