Quella che si ha davanti è la sfida del futuro e la manifestazione dei passeggini vuoti a Roma delle associazioni famigliari per dimostrare che hanno ragione a chiedere più aiuti è supportata da numeri e non percezioni (come si usa dire oggi per nascondere la verità).
Il Rapporto della fondazione sulla sussidiarietà 2016/2017 è chiaro: nel 2016, abbiamo avuto 86mila residenti in meno e le nascite hanno raggiunto un nuovo record negativo (474mila nati), per cui bisogna sviluppare nuove politiche demografiche. Il Rapporto tenta di andare oltre i dati per arrivare a definire sfide demografiche per l’Italia, che potrebbero portare a fare il grande salto tra il ‘dire’ e il ‘fare’ su famiglia e natalità.
Prima tra tutte il recupero del patrimonio demografico perduto, partendo da misure continuative e coordinate, che permetterebbero di ridimensionare il quadro pessimistico delle statistiche (sotto 400mila nati nel 2062) in cui comunque si stima ci saranno almeno 60mila nuovi nati in meno di oggi. Questo perciò implica una seconda sfida: rilanciare la natalità come investimento perché il differenziale tra il desiderio di maternità e i figli che si possono metter al mondo comporta un riconoscimento fiscale significativo a chi sceglie di “mettere su famiglia”.
Per anni ci si è illusi che il contributo alla natalità da parte degli immigrati potesse compensare il calo dei figli per donna delle italiane. Ma anche loro sono scese da 2,65 figli per donna nel 2008 a 1,95 nel 2016, anno in cui i nuovi nati stranieri si sono fermati a 61mila. Dunque è comunque necessario passare anche dall’accoglienza solidale all’inserimento sociale dei migranti perché in un futuro non troppo lontano, avremo meno forza lavoro, ci saranno più anziani da assistere, il sistema del welfare crollerà e andremo verso il collasso.
Fondamentale sarà l’aiuto e il sostegno alle madri che lavorano alle quali è necessario garantire di non essere costrette a scegliere tra lavoro e tempo di cura con incentivi veri e propri alle aziende che applicano organizzazioni flessibili. Così come è bene raccontare la crisi demografica sui media, sensibilizzare la popolazione e aiutare i giovani/figli con politiche che considerano i figli come risorsa. Lavoro e demografia vanno di pari in passo e non bisogna disperdere il capitale umano permettendo a giovani formati di andare anche all’estero a lavorare e stare in Italia valorizzando il loro lavoro, sostenere l’educazione alla famiglia e il ruolo della rappresentanza che questa comunità ha nel presente e nel futuro della società italiana.