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Popolare di Vicenza e Veneto Banca, ecco tutte le nuove grane in arrivo da Bruxelles

La doccia fredda arriva con un articolo del Sole 24 ore datato 19 maggio 2017 (che comunque in parte riprende indiscrezioni della Reuters del giorno prima): per dare il via libera ai salvataggi di Popolare di Vicenza e Veneto Banca, l’Antitrust europeo (Dg Comp) chiede un miliardo in più di quanto preventivato dagli azionisti privati. Un’indiscrezione che viene poi ripresa dagli altri giornali il 20 del mese e che getta ombre sull’uscita dalla crisi delle due banche venete. Del resto, considerato il lungo tempo di attesa, era chiaro che qualcosa, nel piano messo a punto dagli italiani e presentato all’Europa, non funzionasse. In altri termini, era chiaro che andasse cambiato qualcosa.

LA RICHIESTA

E che venga cambiato qualcosa è proprio la richiesta della divisione concorrenza della Commissione Europa. Vediamola nel dettaglio. “Per concedere il via libera alla ricapitalizzazione precauzionale di Veneto Banca e Popolare di Vicenza – scrive il Sole 24 ore del 19 maggio – l’Antitrust europeo chiede l’intervento di capitali privati per un miliardo di euro. In questo modo, l’intervento pubblico si ridurrebbe da 4,7 miliardi a 3,7 sul totale di 6,4 miliardi”. Piccolo passo indietro: la Bce, per le due venete, ha già individuato un fabbisogno di 6,4 miliardi, cifra che quindi in questo modo dovrebbe restare invariata. Quel che cambia sarebbe invece la distribuzione di questo fabbisogno in termini diimpegni, con l’intervento pubblico che si riduce e quello dei privati che sale. Da ricordare anche che la ricapitalizzazione precauzionale presuppone l’ingresso dello Stato nel capitale della banca dopo la conversione in azioni delle obbligazioni subordinate (burden sharing). Il miliardo in arrivo dai privati, precisa il Sole 24 ore, “si aggiungerebbe ai 940 milioni dell’anticipo versato dal fondo Atlante (primo azionista delle due banche con quasi il 100% del capitale dopo le ricapitalizzazioni del 2016, ndr) e ai 700 milioni derivanti dalla conversione di bond subordinati”.

I NODI

In realtà, sino a qui si era sempre detto che la conversione dei bond valesse 1,2 miliardi (di cui circa 200 milioni in mano ai retail). E in effetti è proprio questa la cifra riportata dal Corriere della Sera, in un articolo di Fabrizio Massaro del 20 maggio: “Il patrimonio di Veneto Banca e PopVi, compresi il miliardo versato dal fondo Atlante a dicembre e la conversione obbligatoria dei bond subordinati (1,2 miliardi circa) non sarebbero sufficienti a coprire tutte le perdite che arriverebbero dalla richiesta di Bruxelles di valutare i crediti deteriorati a costi di realizzo. La Dg Comp guidata da Margrethe Vestager avrebbe chiesto sulla base della direttiva Ue sulla banche (Brrd) che le perdite siano coperte con capitali privati”. Anche il Sole 24 ore spiega la richiesta di Bruxelles con il nodo della valutazione delle sofferenze: “L’esigenza nasce dal fatto che le valutazioni sugli npl (crediti deteriorati, ndr) in carico ai due istituti, nonostante le svalutazioni, restino ancora superiori ai valori medi del mercato. Ciò lascia prevedere ulteriori pesanti svalutazioni nella fase di uscita dai non performing loans, che non possono essere assorbite dalla quota di aumento versata dallo Stato. Alla luce delle nuove richieste di Bruxelles, il ministero dell’Economia e la Vigilanza hanno avviato i contatti con i potenziali investitori”.

FONDI CERCANSI

È dunque ufficialmente partita la caccia ai fondi privati. Ma non è difficile immaginare che sarà complesso trovare degli investitori. E ciò per più di un motivo. In primo luogo, bisogna trovare dei soci disposti a restare defilati rispetto al Tesoro, che con la ricapitalizzazione precauzionale diventerà socio di controllo delle due banche dopo la loro fusione. In secondo luogo, il precedente di Atlante, che ha iniettato 2,5 miliardi nelle casse dei due istituti di credito trovandosi ora in mano nulla, senza dubbio non aiuta. Nei giorni scorsi, è stato tirato in ballo il Fondo interbancario volontario, già sceso in campo con 700 milioni per Cr Cesena, Cr Rimini e Cr San Miniato. Il Corriere della Sera fa notare che “non ha capitali a disposizione”. “Nel sistema bancario inoltre – aggiunge il quotidiano di via Solferino – si registra una certa ritrosia a versare ancora capitali per coprire perdite altrui. Ieri il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, ha detto che ‘il governo è pronto a intervenire con un finanziamento in conto capitale’, anche se altre fonti vicine al Tesoro smorzavano l’ipotesi. I banchieri si aspettano piuttosto che il Tesoro faccia valere a Bruxelles le ragioni delle due banche, di fatto ferme da gennaio, smorzando le richieste di Dg Comp, che peraltro sarebbero al momento indicazioni non ancora ufficializzate ai board guidati da Fabrizio Viola e Cristiano Carrus”. Insomma, anche questa volta si torna qui: al governo di Paolo Gentiloni, e in particolare al ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, si chiede di fare sentire la propria voce.

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