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Come l’Italia può centrare gli obiettivi Onu dell’Agenda 2030. Parola di Jeffrey Sachs

L’Italia è tra i Paesi che hanno sottoscritto l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite che ha proposto 17 obiettivi (Sustainable Development Goals) per un sistema economico, ambientale e sociale più sostenibile. Sono target ambiziosi (si parla di abbattimento delle diseguaglianze economiche, lotta al cambiamento climatico, garanzia di un’istruzione di qualità, migliore capacità di difendere il diritto alla salute, produzione di energia pulita, uguaglianza di genere, difesa degli habitat naturali, innovazione industriale e infrastrutturale), che l’Italia è chiamata a centrare in poco più di dieci anni.

Come stiamo messi? Non bene al momento: la situazione fotografata dal ministero dell’Ambiente nella Strategia Nazionale per lo sviluppo sostenibile riporta quest’anno una tendenza al peggioramento su efficienza idrica e energetica, salvaguardia del patrimonio naturale, sprechi. Il tema è così cruciale da essere il focus dell’edizione 2017 del ForumPA (a Roma dal 23 al 25 maggio), la manifestazione organizzata da FPA, società del gruppo Digital 360: l’evento sull’innovazione della Pubblica Amministrazione quest’anno ruota infatti intorno al rinnovamento della PA come chiave per aiutare l’Italia a centrare i 17 obiettivi Onu per il 2030.

DOBBIAMO PUNTARE SU FORMAZIONE E RICERCA

Il legame inscindibile tra sostenibilità e buone pratiche nella Pubblica amministrazione è stato ribadito anche nella lectio magistralis tenuta nell’ambito del ForumPA dall’economista Jeffrey Sachs (nella foto), direttore di The Earth Institute della Columbia University. Attraverso un focus sui tre obiettivi base dello sviluppo sostenibile – prosperità economica, qualità ambientale, giustizia sociale – Sachs ha illustrato come raggiungere il traguardo dei 17 Sustainable Development Goals e ha dato un’indicazione della situazione dell’Italia. Nella classifica Ocse sull’outlook economico l’Italia occupa il 30esimo posto rispetto ai 34 Paesi, con un punteggio di 62.5 punti; nel rapporto “World Happiness Report 2017” pubblicato dalla Sustainable Development Solutions Network siamo al 48esimo posto su 155 paesi compresi nella ricerca. Un dato significativo che racchiude il grado di fiducia sociale, la percezione della corruzione nel governo, il livello di diseguaglianza.

Insomma, tanto da fare ancora ma l’Italia, secondo l’economista, ha tutte le risorse per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030: un ricco patrimonio di conoscenze e grandi scienziati, per esempio. Ora dobbiamo investire di più in formazione, ricerca e sviluppo (al momento spendiamo in quest’ambito solo l’1,3% del Pil), brevetti. Le pubbliche amministrazioni hanno il compito di intervenire incrementando i servizi, garantendo l’assistenza sanitaria, riducendo il tasso di disoccupazione e il disavanzo economico, migliorando i sistemi di welfare, ha concluso Sachs.

Se pensiamo alla Pubblica amministrazione italiana, alle sue funzioni e alla sua capacità di spesa, è evidente quale sia il suo ruolo nell’aiutare il paese a invertire i trend negativi sulla sostenibilità su cui si è arenata: con una spesa pubblica pari a quasi il 17% del Pil nazionale, la PA è il più rilevante dei consumatori e i suoi dipendenti possono essere il punto di partenza per innescare un profondo salto culturale. Lo dimostra l’indagine “Pratiche di consumo sostenibile a lavoro” presentata da FPA al ForumPA in cui non solo vengono snocciolati i numeri di consumi e risparmi possibili all’interno della Pubblica amministrazione, ma viene quantificato il potenziale impatto sul sistema-paese.

“CINQUE MENO” IN STRATEGIE

La ricerca “Pratiche di consumo sostenibile e lavoro” scaturisce da un sondaggio svolto da FPA online cui hanno risposto 700 dipendenti pubblici e 100 impiegati del privato o del terzo settore. In materia di strategie per la sostenibilità i dipendenti pubblici bocciano i loro amministratori e affibiano alla PA un bel “5 meno”. E’ vero che l’Italia vanta un primato negli acquisti verdi: è il primo paese in Europa ad aver reso obbligatorio il Green Public Procurement, attraverso l’inserimento nel nuovo Codice degli Appalti (Dlgs. 50/2016), ma solo il 14,1% degli intervistati dichiara che la propria amministrazione ha già introdotto i CAM (criteri ambientali minimi per tipologie di prodotto o servizio) nelle proprie procedure d’acquisto e solo per il 12,5% si è provveduto all’individuazione dei prodotti e servizi ai quali applicarli.

Più del 50% degli intervistati dice anche che l’attenzione all’ambiente nel proprio ufficio è nulla o quasi, il 35,5% assegna la sufficienza e appena 1 su 10 giudica il proprio luogo di lavoro “sostenibile”. Le Regioni si collocano un po’ sopra la media con un voto di 5,3, mentre Scuola e Sistema sanitario nazionale si prendono un sonoro 4 dai loro dipendenti. In generale, solo il 45,6% degli uffici è dotato di finestre a doppi vetri, nel 48,5% degli uffici non si fa attenzione a mantenere la temperatura entro i 19-20 gradi, la sostituzione delle lampadine ad incandescenza con quelle a basso consumo è avvenuta appena nel 36,3% dei casi.

La PA è uno dei maggiori consumatori di energia del paese: 4.661 GWh annui (nel 2015), ovvero l’1,5% del totale dei consumi nazionali e il 4,5% dell’intero settore terziario. Regioni, Comuni e Province hanno speso oltre 3 miliardi di euro per le bollette di energia, gas e acqua, ovvero l’11% sul totale della spesa degli enti locali per acquisti di beni e servizi. Nel 2015 sono usciti dalle casse dei Comuni 1 miliardo e 875 milioni di euro di bollette elettriche.

CENTO MILIONI NEL CASSETTO

I dipendenti pubblici però ritengono di aver acquisito una certa attenzione alla sostenibilità. Solo il 45% va al lavoro in macchina – la media italiana è molto più alta (il 60% delle persone usa la macchina per recarsi al lavoro). Inoltre, il 90% dei dipendenti della PA ha preso l’abitudine di stampare fronte-retro, l’87% riutilizza la carta, il 60% riutilizza anche buste e scatole; l’82% non lascia i propri caricabatterie nelle prese e il 75% è attento alla dispersione di calore nei locali climatizzati. Tuttavia, ci sono ampi margini di miglioramento: per esempio, nella mobilità, solo il 5,5% condivide l’auto con colleghi o amici. Ancora: il 62,5% dei dipendenti pubblici non inibisce mai la funzione stand-by del proprio Pc, impostando il risparmio energetico, un accorgimento che ne abbatterebbe il consumo del 37%. E il 52,7% continua a stampare i documenti da leggere e da studiare – per non parlare degli “irriducibili” che spesso stampano le email: sono il 14,7%.

Cambiare le abitudini nella PA ha un peso rilevante: se tutti i dipendenti acquisissero dei comportamenti di consumo enegetico responsabile si otterrebbe una riduzione che va dal 5 al 15% della spesa della PA in bolletta: circa 103 milioni di euro che potrebbero essere reinvestiti in edifici e attrezzature più verdi. Il circolo virtuoso innescato sarebbe ancora più significativo: produrrebbe nell’arco di pochi anni una riduzione dei consumi complessivi di oltre il 40%. Se ciascuno degli oltre 3 milioni di dipendenti pubblici evitasse di consumare 500 fogli, si ridurrebbe il consumo di 8142 tonnellate di carta, risparmiando oltre 3,5 miliardi di litri di acqua e abbassando il consumo energetico nazionale di 62 milioni di Kwh. Incentivando il carpooling con almeno un collega, diventerebbero 750.000 le auto circolanti ogni giorno (ora sono 1,3 milioni), eliminando 376 tonnellate di CO2 e risparmiando 230 milioni di euro solo per il carburante. Insomma, se la rivoluzione dei consumi e delle modalità di produzione sostenibili partisse dalla Pubblica Amministrazione, sarebbe davvero rivoluzione “green” in Italia.


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