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Gramsci: Lo Piparo, C’e’ un quaderno che manca speriamo di leggerlo!

C’e’ un Quaderno che manca tra i manoscritti affidati alla cognata Tania Schucht, da Antonio Gramsci, l’icona del ‘900, l’intellettuale, politico e filosofo, che fino agli ultimi giorni trascorsi nella clinica romana Quisisana, contrariamente alla ‘vulgata togliattiana’, aveva continuato a leggere di tutto e scrivere: è quello numerato da Tania come XXXII, fatto di 26 pagine, e che non è presente negli archivi della Fondazione Istituto Gramsci. “Bisognerebbe cominciare a cercarlo tra le carte di Togliatti e Sraffa. Il suo contenuto? Una cosa è certa. Bisognava tenerlo nascosto. Fu Togliatti a spiegarne le ragioni a Dimitrov nella lettera del 25 aprile 1941: alcune parti [dei manoscritti] qualora fossero utilizzate nella forma attuale, potrebbero non giovare al partito’. Perché quel quaderno in particolare? Conteneva giudizi sul fascismo che non era possibile rendere pubblici? Conteneva riferimenti troppo personali a Togliatti e al suo ruolo nella vicenda della famigerata lettera di Grieco? O conteneva una critica esplicita del comunismo sovietico?”. Sono queste le conclusioni cui perviene, dopo un’accuratissima e dettagliatissima analisi delle fonti disponibili, di confronti ed incroci con altri testi, di minuziosa ricostruzione anche filologica, lo storico Franco Lo Piparo nel nuovo libro ‘L’Enigma del quaderno’ in uscita con Donzelli. L’augurio dello storico è: “aspettiamo di leggerlo. Se lo leggeremo mai. Questa è una storia che ci ha gia’ riservato abbastanza sorprese”. Lo Piparo è uno dei piu’ raffinati studiosi di Gramsci ed ha gia’ pubblicato per Donzelli ‘Gramsci e i due carceri’ insignito del Premio Viareggio. Nonostante critiche anche ‘feroci’ di aver lavorato di ‘fantasia’ (Giuseppe Vacca), fino allo sbeffeggiamento, “la tesi di Lo Piparo risulta destituita di ogni fondamento” (Gianni Francioni), ora ritorna coraggiosamente sulla scottante questione che chiama direttamente in causa Togliatti, colui che dopo la Liberazione diffuse gli scritti di Gramsci facendone conoscere ‘il pensiero’ e lo stesso Piero Sraffa, l’economista agente del Comintern che “di fatto collabora con Togliatti per nascondere al Comintern la natura dei Quaderni”. A distanza di anni “oggi non ci sono più il filtro e gli occhiali deformati di Togliatti: è stato un fatto rilevantissimo che abbia promosso la diffusione e la conoscenza del pensiero di Gramsci, ma lo ha fatto come meglio gli faceva comodo”, è la tesi di Carmine Donzelli, autore ed editore del ‘Moderno Principe’. Immediate le reazioni a difesa di Togliatti: da Vacca, “è stato un grandissimo politico” e l’ipotesi di Lo Piparo “è inverosimile”, a Massimo D’Alema: “non lo vedo un Togliatti che distrugge un Quaderno, piuttosto lo conserva per un tempo successivo”. In realta’, secondo D’Alema, “si vuole  negare il fatto che, sia pure attraverso drammatici contrasti, il comunismo italiano ha nutrito la sua eresia con il pensiero di Gramsci”. E’ questo il nodo di fondo: l’eresia di Gramsci, le sue critiche allo stalinismo, le sue prese di distanza dalla ‘rivoluzione bolscevica’, il suo atteggiamento ateo, l’elaborazione della costituente, indicano un percorso che è diametralmente opposto a quello seguito da Togliatti e dal Pci che pure dopo le rivelazioni di Krusciov al XX° congresso del Pcus dei crimini staliniani, approvo’ nel 1956 l’invasione dell’Ungheria. E che – altro particolare da non sottovalutare – voto’ a favore dell’art.7 insieme alla Dc di Alcide De Gasperi e alle destre, per elevare a norma costituzionale i Patti Lateranensi che Gramsci definiva ‘la capitolazione’ dello Stato. Togliatti falsifico’ Gramsci ed è dimostrato da un articolo nel numero maggio-giugno 1937 del giornale ‘Lo Stato operaio’ in cui presenta “all’opinione pubblica comunista un Gramsci fedele seguace di Stalin: nei suoi scritti ‘si sente l’influenza esercitata su di lui dalle opere di Stalin’; ‘alla scuola di Lenin e Stalin […] si tempro’ come capo di partito”, che Lo Piparo riporta nel suo libro. “E’ un clamoroso falso storico che noi sappiamo, con il senno di poi, essere stato il passaggio obbligato – conclude lo storico – per tenere Gramsci e i suoi Quaderni nell’universo comunista”.

 


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