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Cosa succede alla Borsa di Hong Kong?

Hong kong, carlson tong

Per aumentare l’attrattività della borsa di Hong Kong non è escluso che presto si provveda a includere anche le grandi quotate globali all’interno della connessione con i listini di Shanghai e Shenzhen, attraverso cui i cinesi possono investire nell’ex colonia britannica.

L’ipotesi è stata avanzata da Carlson Tong, nella foto, presidente della Consob locale, in un’intervista al South China Morning Post. Il ragionamento del numero uno della Securities&Futures Commission è semplice. Gli investitori cinesi rappresentano oggi circa il 10% del turnover sul listino di Hong Kong, permettere loro di accedere anche ai titoli di imprese internazionali, oggi escluse dagli 880 titoli accessibili attraverso lo schema, invoglierebbe i gruppi globali a raccogliere capitali nell’hub finanziario asiatico.

Se il progetto dovesse realizzarsi, quotate come Prada potrebbero attirare l’attenzione degli investitori della Cina continentale allo scopo di diversificare il proprio portafoglio. L’iniziativa di Tong guarda soprattutto alla prossima quotazione del colosso saudita del petrolio Aramco. L’ipo dei record, Riad, vede una capitalizzazione pari a 2mila miliardi di dollari, fa gola a diverse piazze internazionali, New York e Singapore su tutte.  E d’altra parte a Hong Kong pesa ancora la mancata quotazione di Alibaba, sfumata per ragioni di governance societaria. Nel 2014 il gruppo dell’e-commerce fondato da Jack Ma scelse infatti Wall Street, aprendo un dibattito nell’ex colonia sull’opportunità o meno di cambiare le regole che danno a tutti gli azionisti uguali diritti.

Intanto, secondo quanto riporta il Financial Times, sembra ancora arrancare la connessione tra Hong Kong e Shenzhen. In media gli investitori esteri hanno sfruttato appena il 5% delle quote previste per puntare nelle quotate sul listino cinese delle Pmi e della tecnologia. In parte, spiega il quotidiano della City, la partenza a stento del programma è dovuta alla performance non esaltante avuta dal listino negli ultimi sei mesi. E in parte influiscono anche i timori per le intromissioni del governo nell’andamento delle contrattazioni.

Entro un mese lo schema di connessione con la Cina continentale si dovrebbe comunque arricchire di un canale dedicato al mercato obbligazionario. Il lancio del cosiddetto bond connect potrebbe infatti avvenire attorno al prossimo primo luglio, in occasione del ventesimo anniversario del ritorno di Hong Kong sotto la sovranità cinese.  L’obiettivo è quello di aprire il mercato onshore del debito sovrano di Pechino, le cui quote in mano a stranieri sono ancora limitate, sebbene il recente declassamento del rating sovrano cinese deciso da Moody’s abbia in qualche modo scombussolato i piani della dirigenza del Dragone.

Che lo scopo sia fare in modo di attirare investitori in Cina lo dimostrano anche le caratteristiche del link. In un primo momento dovrebbe infatti funzionare soltanto con flussi da Hong Kong verso la Cina continentale. Non in direzione inversa, così da arginare possibili fughe di capitali.

 

 


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