I nodi vengono al pettine. La Robin Tax era un pasticcio dall’inizio, quando venne introdotta nel giugno del 2008. Sabato 9 febbraio 2013, mentre Visco ci ricorda per l’ennesima volta che le tasse in Italia sono troppo alte, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG) segnala che ci sono delle imprese, quelle del settore energetico, che scaricano le tasse, cosa vietata, sui consumatori finali.
Verrebbe da dire che ben gli sta alle società energetiche per non aver fatto ricorso subito nel luglio 2008 contro quella legge inventata da Tremonti. Battezzata Robin Tax, perché supposta rubare ai ricchi petrolieri per dare ai poveri, in realtà è stata un semplice aumento dell’IRES (Imposta sul Reddito dell’Imprese) dal 27% del 2008 al 37% odierno, in uno dei Paesi al mondo, l’Italia, dove l’imposizione fiscale è in assoluto la più alta.
Il punto di illegittimità costituzionale risiede nel fatto che vieta la traslazione sui prezzi finali. E’ incostituzionale perché in un settore liberalizzato, come dovrebbe essere quello dell’energia, non è possibile vietare alle imprese di scaricare sui prezzi i maggiori costi, siano anche questi originati da maggiori tasse. Difficile non vedere in questo divieto una violazione dell’articolo 41 della Costituzione: “l’attività economica privata è libera”. Se lo Stato, attraverso il suo Governo, vuole fare di queste cose, deve dire chiaramente che in quel settore vige la determinazione dei costi, degli utili e delle tasse e, infine, delle tariffe da far pagare ai consumatori. Ma, come ben si sa, tutti in Italia sono a favore delle liberalizzazioni a parole, salvo poi salire sul carrozzone delle facili accuse populistiche circa la diffusa evasione e gli ingiustificati profitti delle imprese su cui è necessario vigilare.
E’ una giornata triste, in un Paese che ha un debito gigantesco, una spesa pubblica che fa fatica a scendere ed è densa di sprechi, la maggioranza della gente e i politici sembrano non capire che esiste solo un percorso per uscire dal tunnel in cui ci siamo cacciati: fare ripartire l’economia per generare PIL, per fare occupazione e per avere utili e redditi da tassare. Ciò può avvenire solo attraverso nuovi investimenti delle imprese che, invece, vengono tartassate. Quelle dell’energia, paradossalmente hanno pagato la Robin Tax in un periodo di drammatica contrazione del proprio settore, dei propri utili e anche dei propri occupati. In totale lo Stato da questa addizionale ha raccolto oltre 3,5 miliardi di euro, ma ora l’AEEG sancisce che, forse, ne dovevano pagare anche di più. Una Robin Tax nata per tassare gli extra profitti di chi produceva petrolio nel 2008, quando il prezzo raggiunse i 147 $ per barile, contro i 110 di oggi, dimenticando però che in Italia se ne produce solo il 5% dei consumi.Poi estesa a tutti i settori dell’energia, anche alle rinnovabili, dove lo stato dà incentivi, e ai settori regolati del trasporto elettrico e gas, dove extra profitti non esistono per definizione. L’AEEG segnala al Parlamento, il quale dovrà prendere delle decisioni e speriamo che abbia il coraggio di chiamarla con il suo vero nome, addizionale, restituendo a chi fa impresa la libertà.