(Articolo ripreso da www.graffidamato.com)
Trovo anch’io consolante quel giudizio positivo espresso sugli avvocati in un rapporto del Censis, da cui è emerso un 60 per cento di intervistati convinti del prestigio “buono” di questi professionisti e un 20 per cento convinto che sia “ottimo”. Sarà stato magari espressa, questa opinione, da chi ha avuto la fortuna di vincere una causa in quella grande lotteria che è ormai diventata l’amministrazione della giustizia in Italia.
Eppure mi chiedo perché mai resti un altro venti per cento di giudizi – debbo presumere – negativo, o assai negativo, sui legali ai quali, prima o dopo, può capitare a chiunque di noi di doversi rivolgere per promuovere o difendersi in una causa, o semplicemente in una indagine cosiddetta preliminare. Un venti per cento, credo, di gente sfortunata nella scelta dell’avvocato quando ne ha avuto bisogno. O di gente che, non avendo mai avuto bisogno di loro, confonde gli avvocati con gli azzeccagarbugli di memoria manzoniana. O di giustizialisti tanto incalliti, con o senza toga, da considerare gli avvocati come quelli votati a farla fare franca ai delinquenti. Vi ricorda nessuno questo modo di ragionare e di liquidare cose e persone? A me sì, ma non lo dico perché non ho soldi da buttare in una causa, trattandosi di un magistrato dalla querela facile.
Il rapporto Censis è confortante per gli avvocati anche tenendo conto del credito decrescente o del discredito crescente, come preferite, del sistema giudiziario italiano.
Ciò tuttavia non mi impedisce di ritenere che gli avvocati danneggino la loro immagine quando si candidano o si lasciano candidare al Parlamento dai loro clienti per difenderli meglio. E’ come quando certi magistrati si candidano o si lasciano candidare alle Camere per proseguire in altro modo le loro guerre e guerricciole. A buon indentitore poche parole, come dice un vecchio proverbio.