La messa in sicurezza della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca potrebbe essere questione di pochi giorni. Già nel corso del fine settimana il governo dovrebbe intervenire con un decreto legge per fissare la cornice normativa dell’intervento e procedere speditamente con il salvataggio. Il provvedimento emenderà sostanzialmente la legge Salva-Risparmio del febbraio scorso e destinerà una parte dei 20 miliardi al finanziamento di good bank e bad bank. Secondo fonti finanziarie, si starebbe ragionando su una cifra compresa tra 3,5 e 4 miliardi, ripartita però tra i diversi veicoli coinvolti nel salvataggio. Il primo passaggio dovrebbe comunque essere la liquidazione coatta amministrativa di Bpvi e Veneto Banca che potrebbe essere decretata, d’intesa con Bankitalia, già nei primi giorni della prossima settimana con la nomina dei commissari. Non a caso i board dei due istituti sarebbero già convocati per martedì a Milano: in quell’occasione i consiglieri e gli amministratori delegati Fabrizio Viola e Cristiano Carrus potrebbero dimettersi per lasciare spazio ai nuovi amministratori.
La tappa successiva, prevista a cavallo dell’estate, sarà la scissione delle attività con la costituzione di good bank e bad bank. In quest’ultima dovrebbero confluire non solo i crediti deteriorati ma anche le esposizioni in bonis meno performanti per un totale di circa 10 miliardi, più 1,2 miliardi di bond subordinati e alcune partecipazioni. Il punto più delicato sarà comunque la ricapitalizzazione dei veicoli, che nelle intenzioni del governo dovrebbe essere compiuta dallo Stato. I tecnici del Tesoro sono convinti che in base alla normativa comunitaria la procedura di liquidazione ordinata permetta di utilizzare risorse pubbliche per agevolare la cessione degli asset. Resta da capire se la Direzione Concorrenza della Commissione Ue e la Vigilanza Bce condivideranno questa interpretazione o porranno nuovi bastoni tra le ruote dopo i mesi di trattative sulla ricapitalizzazione precauzionale. Vero è che, se non passasse la linea dell’esecutivo, le due banche rischierebbero concretamente di finire in risoluzione. Un esito che finora il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan ha escluso con decisione. “Speriamo che tutto venga deciso questo fine settimana”, ha dichiarato ieri il presidente di Bpvi Gianni Mion. “Vediamo; è tutto regolamentato e in questi giorni chiederemo istruzioni”.
L’unico elemento concreto sul tavolo resta per ora l’offerta da un euro presentata mercoledì da Intesa Sanpaolo all’advisor Rothschild. La proposta, molto selettiva, riguarda un perimetro segregato che esclude non solo tutti i crediti deteriorati (oltre agli npl anche le inadempienze probabili e le esposizioni scadute), ma anche i crediti in bonis ad alto rischio, i bond subordinati e i rapporti giuridici considerati non funzionali all’acquisizione. Questo perché la banca guidata da Carlo Messina intende garantire la “totale neutralità” dell’operazione sul patrimonio e sulla politica dei dividendi e vuole evitare a ogni costo aumenti di capitale. Anche se l’advisor potrebbe tenere aperta l’asta nel fine settimana, sembra molto improbabile che arrivino altre offerte dopo il passo indietro di Unicredit , Bnp Paribas e Iccrea. Semmai potrebbero essere ceduti separatamente alcuni asset, come Banca Intermobiliare (da qualche mese nel mirino di fondi di private equity internazionali) o la partecipazione in Arca Fondi, che potrebbe essere ripartita tra Bper e Popolare di Sondrio.
(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)