Continua, seppure con toni meno dirompenti di dieci giorni fa, la tenzone fra governo, Open Fiber e Tim. Con l’esecutivo e la società di Enel e Cdp che rimbrottano con diverse modalità il cambio di direzione dell’ex monopolista, e il gruppo capitanato da Flavio Cattaneo che rivendica la giustezza delle nuove scelte rispondendo a tono e carte alla mano ai rilievi del governo, Ecco le ultime novità sulla banda ultra larga. Con una incognita: tanto la Ue, quanto il Cipe, e poi successivamente il governo Renzi con il piano nazionale per la banda larga, hanno stabilito che gli incentivi possono essere dati solo se nelle stesse aree i privati non intendono investire. Altrimenti sarebbero aiuti di Stato. Cosa succede se ora anche Tim partecipa ai bandi di gara dove si candidava finora solo Open Fiber?
L’ACCORDO OPEN FIBER-ACEA
Non è ancora ufficiale, ma già la notizia ha cambiato le carte in tavola nella battaglia sulla banda ultralarga in Italia: Open Fiber – come svela oggi l’inserto Affari & Finanza di Repubblica – ha raggiunto l’accordo con Acea per la posa della fibra ottica a Roma. La partnership tra Acea e Open Fiber permetterà alla società guidata da Tommaso Pompei di portare le fibra ottica nella capitale utilizzando e valorizzando il network di tubi, condutture e cavidotti della società che da meno di due mesi ha il nuovo ad Stefano Donnarumma. Un traguardo importante per il primo vero concorrente di Tim nella guerra per la fibra ottica.
I NUMERI IN BALLO
Ma quali sono i numeri complessivi in ballo per la banda ultra larga a latere della contesa fra le due società? Per Tim la partita della fibra vale 11 miliardi di investimenti tra già realizzati e in budget. Per Open Fiber fino al 2019 il piano prevede circa 4 miliardi, il 30% di mezzi propri e il 70% da chiedere al mercato. Lo Stato, per coprire le zone bianche ha messo 1,3 miliardi per la prima gara e le prime 5 Regioni, altri 1,2 miliardi sono sulla seconda gara che riguarda 11 Regioni. Si tratta del 92% dello stanziamento totale pubblico, che si aggira dunque intorno ai 3 miliardi. Restano da aggiudicare due sole gare minori, per un totale tra i 4 e i 500 milioni: una per le ultime tre Regioni, Sicilia, Sardegna e Calabria, e una per la provincia di Bolzano.
L’AUDIZIONE DI BASSANINI E POMPEI
La tenzone fra i due gruppi, dopo le tonitruanti dichiarazioni via stampa di esponenti del governo e vertici di Tim, è giunta in Parlamento. Il 21 giugno si sono tenute due audizioni: quella dei vertici di Open Fiber e quella del capo azienda di Tim. Pompei, numero uno di Open Fiber, ha messo subito le cose in chiaro: “Non c’è nessun merito di Open Fiber nell’avere una rete a tutta fibra. Siamo semplicemente arrivati dopo. Ma utilizzare questa tecnologia ha i suoi vantaggi”, ha detto l’amministratore delegato. Innanzitutto “garantisce prestazioni largamente superiori al rame, offre una velocità di connessione più elevata, sia quando si carica, che quando si scarica, perché la caratteristica della fibra è di essere simmetrica, e assicura una latenza (tempo di risposta, ndr) inferiore”. E poi ci sono i costi di manutenzione, anche quelli a vantaggio della fibra ottica.
IL MODELLO DI BUSINESS DI OF
Per Pompei in Open Fiber risulta vincente anche il modello di business: “Realizziamo l’infrastruttura e la vendiamo a coloro che per mestiere si rivolgono al cliente finale. Le tlc sono l’unico sistema a rete ancora integrato verticalmente. La separazione tra rete e servizi che si è avuta negli altri settori, come quello del gas, inevitabilmente si realizzerà nelle telecomunicazioni. Il livello di investimenti è talmente elevato che nessuno potrà più permettersi di occuparsi di infrastrutture e servizi”.
LE PRECISAZIONI DI BASSANINI
A rimarcare la differenza con Telecom è stato poi Bassanini: “La nostra è una nuova rete, molto impegnativa. Ha alle spalle azionisti di lungo termine, che non pretendono un ritorno immediato. L’investitore ultimo, lo Stato, poi, è interessato al fatto che l’investimento produca vantaggi per lo sviluppo dell’intera collettività”, ha detto il presidente di Open Fiber.
“Questo – ha sottolineato Bassanini – ci pone in condizione particolare rispetto ad altri che hanno azionisti che pretendono ritorni immediati. Noi non abbiamo la legacy del passato, non abbiamo da difendere valore di vecchio asset che nel tempo verrà gradualmente sostituito da una nuova infrastruttura. Noi rispetto ad altri abbiamo il vantaggio di non dover spiegare la riduzione di valore di asset che abbiamo valorizzato nel nostro bilancio”.
L’AUDIZIONE DI CATTANEO
“Non c’è mai stato alcun divieto di cambiare idea. La tecnologia è aumentata, si sono abbassati i costi e abbiamo deciso di investire anche nelle aree a fallimento di mercato. E la normativa lo consente. Quello che non consente è che si blocchi un investimento privato a favore di uno pubblico”. È stata questa la risposta di Flavio Cattaneo in audizione il 21 pomeriggio davanti alle commissioni Lavori pubblici e Industria del Senato sui recenti sviluppi del piano di realizzazione della banda ultralarga, dopo le recenti accuse da parte dell’esecutivo alla società di voler ostacolare il piano governativo di realizzazione della rete pubblica in fibra ottica affidata ad Open fiber (Of), la società di Enel e Cassa depositi e prestiti, investendo nelle aree dove Of si è aggiudicata il primo bando.
LA STAFFILATA DI TIM CONTRO IL GOVERNO
“Lo Stato non può impedire a noi di fare la rete perché è un upgrade di quella esistente. Io penso che lo Stato debba fare quello che non fa il privato. Se chiudiamo il cervello tra pubblico e privato, e non riconosciamo la sostanza dei fatti, e ci pariamo dietro questi meccanismi legali, non riconosciamo il mercato. Le condizioni economiche sono cambiate. È un fatto concreto”, ha concluso Cattaneo.
I PROGRAMMI DI CATTANEO
“Siamo stati accusati di aver repentinamente cambiato la nostra posizione, al punto da voler bloccare la costruzione delle infrastrutture da parte del vincitore del bando. Ma ci sono prove evidenti che tali accuse non hanno alcun fondamento”, ha detto Cattaneo ripercorrendo le ultime tappe del piano del governo e ricordando di aver più volte negli ultimi anni comunicato di voler cambiare le proprie intenzioni.
“Nel 2015 è stato chiesto di comunicare dove volevamo investire e non dove non volevamo investire. Nel 2016 abbiamo detto di voler modificare i nostri piani e una mattina di giugno 2017 ci sentiamo dire di aver applicato cambi repentini al piano”, ha sintetizzato Cattaneo.
Nessuna accelerazione, quindi, ha detto l’ad di Tim spiegando che “quando abbiamo iniziato a sviluppare i nostri piani non esisteva nemmeno il piano banda ultralarga del governo”.