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Le promesse di Macron, le concessioni di Berlino e lo sguardo a est

Di Charles Grant

L’alleanza tra Germania e Francia è sempre stata centrale nello sviluppo della storia europea. I due Paesi hanno delle visioni fondamentalmente diverse su molte questioni e in questo secolo il tandem ha perso la sua forza.

L’allargamento europeo a est ha ridotto il peso relativo di Germania e Francia e la recente debolezza dell’economia francese, aggiunta alla passività del presidente François Hollande, ha portato a uno squilibrio tra Berlino e Parigi.

L’euro è stato un progetto franco-tedesco, ma i due Paesi non si sono trovati d’accordo sul modo di gestire e risolvere i problemi della valuta unica. La Germania ha voluto regole più stringenti sui budget di governo e nuovi meccanismi per spingere Paesi come Francia e Italia a intraprendere dolorose riforme strutturali; la Francia, invece, ha ricercato politiche macroeconomiche più attive, strumenti comuni come gli eurobond (che significherebbero mutualizzazione dei debiti) e step verso un’unione dei trasferimenti.

Anche se l’establishment tedesco è lieto della vittoria di Emmanuel Macron in Francia, è tuttavia diviso su come rispondere. Coloro che sono vicini ad Angela Merkel e Wolfgang Schäuble, come molti democristiani, dubitano che Macron sia in grado, nel breve periodo, di portare a termine le riforme; e restano diffidenti circa le teorie francesi di stampo keynesiano.

Quando Merkel e Macron si sono incontrati a Berlino il 15 maggio di quest’anno, Le Monde ha notato un atteggiamento meno appassionato da parte della Cancelliera; nel corso di una dozzina di anni si è abituata a incontrare nuovi presidenti francesi che hanno promesso riforme in Francia e di far rivivere l’Unione europea.
Ora, i più grandi cambiamenti che Macron vuole apportare all’eurozona richiederebbero delle modifiche ai trattati Ue. Ma Angela Merkel – e virtualmente ogni altro leader europeo – si sono opposti a questa prospettiva, perché è praticamente impossibile avere la ratifica alla revisione da ogni Stato membro.

Durante la campagna elettorale tedesca, i democristiani attaccheranno la linea dell’Spd sull’euro, considerandola immorale. Con molta probabilità, a settembre vincerà di nuovo Merkel e, anche se l’Spd finirà per avere una posizione forte all’interno di una nuova grande coalizione, nei confronti dell’euro predominerà l’approccio cauto della Cancelliera.

A elezioni passate, Merkel potrebbe fare a Macron alcune concessioni, soprattutto se riuscisse a concretizzare le riforme. E questo non perché l’establishment finanziario tedesco riconosca l’imperfezione intellettuale delle sue politiche sull’euro, ma a causa delle politiche di potere tipiche dell’Ue. Per la Germania, la Brexit chiede di ristabilire un contatto con la Francia, partner essenziale per trainare l’Ue. Non esistono altri contendenti. Merkel sa che se
dovesse allontanare Macron, gli euroscettici francesi potrebbero approfittarne.

Alcuni politici tedeschi più impegnati a tenere stretti i legami con Parigi, ritengono che maggiore sarà la contrattazione tra i due Paesi, maggiori saranno le chance per la Germania di modificare la sua posizione sull’euro. Ritengono infatti che se la Francia ha esplicitato un maggiore impegno per la sicurezza tedesca ed europea – si pensa forse a un’estensione del cappello nucleare a est? – Merkel difficilmente potrebbe resistere nel fare concessioni a Macron.

Un tandem franco-tedesco più forte sarebbe positivo per l’Ue. L’influenza di Macron sulle riforme dell’eurozona potrebbe allentare le tensioni tra nord e sud, incoraggiando la crescita in Italia (considerata da molti francesi e tedeschi la parte più debole dell’unione monetaria). Ma c’è un’altra linea di tensione, che corre tra est e ovest, su cui influisce la relazione franco-tedesca. In particolare, Polonia e Ungheria, ma in generale i Paesi orientali, si sono trovati su posizioni diverse rispetto a Bruxelles e Berlino in merito alle quote dei rifugiati, rifiutate a est. Temono inoltre che un’Europa più flessibile – che sembra piacere a Francia e Germania e che potrebbe significare un’integrazione più profonda dell’eurozona – li lascerebbe indietro, come una sorta di Paesi membri di seconda classe. Inoltre, Polonia e Ungheria sono in diffi- coltà in relazione allo stato di diritto: molti Stati membri, infatti, li accusano di erodere la libertà di stampa e l’indipendenza giudiziaria.

Anche se Varsavia e Budapest sono senza dubbio responsabili di alcune delle loro difficoltà, Macron e Merkel dovranno lavorare duro per prevenire un peggioramento di quest’area. L’obiettivo potrebbe essere il riavvio del triangolo di Weimar che vede Polonia, Francia e Germania insieme. Un’Europa più unita non può prescindere dall’est. E i due Paesi fondatori dovrebbero compiere tutti gli sforzi possibili per coinvolgere l’est in relazione al futuro dell’Europa.

Traduzione di Valeria Serpentini

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