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Ecco come la stampa giudica il discorso di Obama

Nel suo discorso sullo stato dell’Unione il presidente Barack Obama ha riproposto alcune proposte per affrontare le nuove sfide, soprattutto interne, degli Stati Uniti. Ma la sua ricetta è stata tutt’altro che un ponte di consenso con i suoi oppositori.

Secondo il Wall Street Journal, le parole di Obama sono state un salvacondotto verso le elezioni legislative del 2014. Perché il presidente americano vuole spingere il partito Democratico a riprendere la maggioranza della Camera. L’editoriale del quotidiano americano sostiene che il discorso “non è stato un ramoscello di ulivo per l’accordo bipartisan con i repubblicani alla Camera… è stato più un campanello per la partenza della campagna legislativa del 2014 e un tentativo di mobilitare la nuova maggioranza liberale che lui crede di avere sostenuto negli ultimi quattro anni”.

Anche il quotidiano conservatore Washington Post ha condiviso questo sentimento sostenendo nell’editoriale di oggi che il discorso di Obama è stato diretto principalmente alla base democratica: “Dopo quattro anni con un’economia debole, Obama presenta un’agenda di spesa grande e attiva, che aumenterà il deficit”. Ha aggiunto anche che molte delle proposte di Obama per affrontare i problemi del Paese non sono nuove e sono già state sconfitte al Congresso.

Per il New York Times l’economia non è l’unica dimensione della sfida di Obama. C’è un profondo antagonismo tra i partiti nel Congresso che dovrà affrontare. Il quotidiano sottolinea il riferimento del presidente agli ostacoli imposti dai repubblicani e che, come conferma, c’è stata la risposta del senatore Marco Rubio. È necessario un governo di maggiore misura. L’editoriale del quotidiano dice che l’agenda di Obama è “impressionante”, ma che ha sbagliato nel concentrare le sue proposte sul piano legislativo guardando alle elezioni del 2014.

Il giudizio italiano
Il corrispondente del Corriere della Sera, Massimo Gaggi, spiega oggi in un’analisi che l’agenda di Obama è spostata molto più a sinistra rispetto alla proposta di quattro anni fa. Vuole imprese libere, con più Stato e più controlli. La sua spinta non è ideologica ma pragmatica. L’incognita è da dove prenderà le risorse (deve trovare 50 miliardi che sono comunque briciole in confronto agli 800 del primo mandato).

“L’obiettivo vero (di Obama): scegliere una linea nitida (la riscossa del ceto medio) e venderla bene all’opinione pubblica, costringendo poi il Congresso ad agire. Obama non vuole passare altri 4 anni in mezzo al guado. Se il Parlamento non decide proverà a scatenargli contro l’opinione pubblica. E cercherà di far riconquistare ai democratici la maggioranza alla Camera nel 2014, per poi riproporre le sue riforme a un Congresso ‘amico’”, ha scritto Gaggi.

Sul Sole 24 Ore, invece, Vittorio Emanuele Parsi, fa un confronto tra l’America e l’Europa, due vascelli che sembrano muoversi, sempre di più, in direzioni opposte: “Se l’America di Obama ha deciso di fare di ‘crescita e lavoro’ la propria stella polare, la rotta dell’Europa sembra invece essenzialmente determinata dal rigore e dal risanamento dei conti pubblici”, ha scritto il professore di Relazioni internazionali all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Due filosofie che sembrano contrapposte.

Parsi dice che il liberal Obama, che pure vuole aumentare le tasse ai ricchi ed elevare il salario minimo, resta contrario alla Tobin tax e al big government, mentre la conservatrice Angela Merkel è stata invece tra i maggiori artefici della tassazione delle transazioni finanziarie internazionali e governa un Wohlfahrsstaat “ben più generoso e intrusivo di quanto Obama possa neppure sognare”. Secondo il professore, riuscire a coniugare queste due concezioni è l’unico modo per riaffermare la democrazia e il mercato come basi dello sviluppo.



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