Skip to main content

Cari magistrati, sulla nuova Tangentopoli basta iniziative prima del voto

Con i riflettori puntati su quella che è stata definita “nuova Tangentopoli”, è utile riportare alla mente alcuni elementi che caratterizzano l’andamento della prima Tangentopoli, l’originale, agli inizi degli anni Novanta. In particolare uno, come ha fatto notare sull’Unità l’avvocato Giovanni Pellegrino, senatore proprio in quel periodo, e cioè la decisione da parte della procura di Milano, guidata da Francesco Saverio Borrelli, di attendere l’esito del voto, sia nel ‘92 che nel ‘94, prima di intraprendere qualsiasi azione giudiziaria.

Avvocato, anche per queste elezioni sarebbe stato opportuno che i magistrati seguissero la lezione di Borrelli?
“Sarebbe stato auspicabile – risponde a Formiche.net – E c’è da augurarsi che in quest’ultima settimana non intervengano altre iniziative che potrebbero essere rinviate a dopo il voto. L’inchiesta su Mani pulite è stata condotta in modo esemplare per quanto riguarda il difficile rapporto politica-giurisdizione. Sia nel ‘92 che nel ‘94 Borrelli, da apprezzare come magistrato eccezionale, scelse e lo disse pubblicamente di non assumere nuove iniziative, nonostante il notevole materiale indiziario in possesso del pool, per non turbare l’esito del voto ed evitare eventuali accuse di strumentalizzazione.

Si parla in questi casi di giustizia a orologeria. E’ così?
No, questo determinerebbe pensieri che fanno parte di una dietrologia senza fondamento. Diciamo che da un certo momento in poi la magistratura ha scelto di non dare più seguito al criterio di auto-limitazione attuato da Borrelli. D’altra parte, non c’è nessuna norma che imponga al magistrato di rinviare l’atto, è una scelta assolutamente discrezionale da parte sua. Bisogna poi ricordare che ci sono degli atti urgenti non rinviabili come per esempio l’arresto di Giuseppe Orsi nel caso Finmeccanica stante il pericolo di inquinamento delle prove. Altri invece come la condanna in primo grado di Raffaele Fitto o il rinvio a giudizio di Roberto Formigoni sarebbe potuti arrivare con quindici giorni di ritardo e non sarebbe cambiato niente.

E allora, come molti accusano, è una strategia della magistratura per influenzare il voto?
È più che altro indifferenza al voto da parte dei magistrati e questo è anche attribuibile al clima teso e caotico che si respira nel Paese. Le scadenze elettorali ravvicinate e l’asprezza del confronto politico fanno vivere l’Italia in una sorta di campagna elettorale perenne.

Come se ne esce?
Per uscirne bisogna che sia la politica a cambiare se stessa. Questo gridare allo scandalo non ci sarebbe stato per esempio se i politici coinvolti dagli ultimi provvedimenti, Roberto Formigoni e Raffaele Fitto, non si fossero candidati. Di fatto, candidandosi hanno accettato il rischio che questi provvedimenti ampiamente prevedibili arrivassero nell’imminenza del voto. La tanta annunciata operazione liste pulite avrebbe dovuto avvenire in modo diverso; essere molto più intensa e non soltanto di facciata.

E la magistratura non deve cambiare?
È difficile chiedere alla magistratura di cambiare perché è un organo diffuso, alcuni magistrati possono scegliere di rinviare i loro atti, altri no. Una forma organizzativa diversa della pubblica accusa potrebbe attenuare il fenomeno.

Ci può spiegare meglio?
Ci sono due moduli organizzativi delle procure. Quello delle Procure ordinarie e quello delle Procure antimafia. Queste ultime sono organizzate su base distrettuale e hanno un momento di coordinamento della Procura nazionale antimafia. Poiché le Procure antimafia complessivamente funzionano meglio, una generalizzazione del loro modello organizzatorio sarebbe ovviamente auspicabile. Ma in tal modo nella magistratura d’accusa diminuirebbero i posti dirigenziali, e questo spiega perché i magistrati osteggino anche una così modesta riforma.

C’è nella fuga di notizie da parte delle procure una colpa da parte dei media?
I giornalisti che ricevono le notizie, le devono pubblicare, fa parte del loro lavoro. Dovrebbero esserci regole più severe perché non circolino così facilmente notizie di indagini ancora coperte dal segreto istruttorio. Per esempio la notizia dell’indagine sul Mps è apparsa sulla stampa assai prima che nella stessa fossero adottati atti destinati ad essere pubblici. In tal modo è scattata una gogna mediatica, che, a vedere i sondaggi, ha indubbiamente influenzato l’orientamento dell’elettorato almeno fino a quando il clamore di altre indagini non è venuto a sovrapporsi.



×

Iscriviti alla newsletter